martedì 27 ottobre 2015

"Life on Mars"

Stoffa,bottoni e cerniera lampo
60x80
2015
Marta Banditelli

giovedì 1 ottobre 2015

Van Gogh, Raffaello e Tiepolo a Cagliari in mostra per la legalità

Ultima chiamata per la mostra "La memoria ritrovata- l'Arma e lo scrigno dei tesori recuperati" visitabile a Cagliari all'interno della Cittadella dei musei, presso le carceri di San Pancrazio fino al 15 di ottobre. Realizzata in collaborazione con il Comando dei Carabinieri del Corpo Tutela Patrimonio Culturale, e il Ministero dei Beni e delle Attività Culturali, l'esposizione riunisce oltre un centinaio di opere trafugate e recuperate dagli agenti. Fra gli altri si possono ammirare capolavori di Raffaello, Van Gogh, Gauguin, Guercino e Tiepolo, nonché reperti archeologici romani ed etruschi di pregio, ceramiche greche e magno- greche. Rimarranno in Sardegna, al termine della mostra, i numerosi reperti nuragici presenti, sottratti anch'essi al mercato clandestino dal nucleo dei Carabinieri.Vasi, anfore, crateri,  piccole sculture, bronzetti e manufatti verranno restituiti alla collettività di appartenenza.
"La Muta", Raffaello Sanzio
Opera presente alla mostra
Un'occasione unica per i cittadini cagliaritani di veder esposte opere mai arrivate nella nostra isola, nel rispetto del valore della legalità. E' possibile visitare la mostra dal martedì al sabato, dalle ore 9 alle 19. L'ingresso è gratuito, ed avverrà in turni di massimo trenta persone per volta.

Marta Banditelli
La Memoria ritrovata. L'arma e lo scrigno dei tesori recuperati
"Il giardiniere",Vincent Van Gogh
Opera presente alla mostra
 

domenica 27 settembre 2015

Un dono speciale:il piccolo rifugiato siriano commuove la polizia tedesca

Passau. Confine tedesco con l'Austria. La polizia federale tedesca esegue i controlli e prepara i documenti per l'ingresso dei profughi siriani. Un bimbo accompagnato dalla sua famiglia in fuga dalla guerra aspetta il suo turno disegnando, con carta e pennarelli fornitigli dagli agenti. Il risultato e' commovente. Diviso in due parti, la prima meta' sulla sinistra riporta l'immagine eloquente dell'esperienza vissuta in patria. Una casa distrutta,la bandiera siriana sormontata dall'effige di un teschio, al centro un bambino mutilato che si regge su delle stampelle,circondato da corpi straziati e sangue. Sulla destra la rappresentazione di quella che immagina come la sua nuova vita in Germania. Una famiglia con le valige a seguito percorre il vialetto che porta ad una nuova e accogliente casa, la bandiera tedesca e la scritta "polizia" circondate da cuori rossi, e due ramoscelli d'ulivo a rappresentare la tanto sognata pace. Il prezioso dono e' stato immediatamente postato sul profilo twitter della polizia federale tedesca,con il commento "Regalo di un bambino siriano alla polizia federale tedesca...#senzaparole#crisimigranti"

sabato 26 settembre 2015

Sottratti due Goya da 5 milioni di euro: si esclude furto su commissione

E' del primo di settembre la notizia del furto di due opere attribuite al maestro Francisco de Goya(1746-1828), e trafugate da un'abitazione di Villanueva de Canada, appena fuori Madrid. L'"Art recovery Group", compagnia specializzata nel recupero di opere d'arte, esclude l'ipotesi di un furto su commissione. I ladri infatti avrebbero casualmente trovato i due dipinti nella cassaforte durante la ricerca di refurtiva. Si tratta de "Il sogno di San Giuseppe", olio databile fra il 1770 ed il 72, e "Caricatura di teste", inchiostro realizzato fra il 1771 e il 73  Incoraggiati dalle modeste dimensioni degli stessi, rispettivamente 33,5x24 e 21x15 cm, i malviventi avrebbero deciso di portarli via con se pur non essendo consapevoli del loro reale valore di cinque milioni di euro. Guardia civil, interpol e polizie di tutta Europa sono state allertate.

Marta Banditelli

I quadri sottratti:
A sinistra "Il sogno di San Giuseppe"; a destra "Caricatura di teste" 

Che fine ha fatto "Going clear"?

 
 
C'eravamo lasciati prima della pausa estiva, il 31 di maggio, con l'entusiasmante notizia dell'uscita imminente nelle sale italiane ,distribuito dalla "Lucky red",  di "Going clear",l'atteso documentario di Alex Gibney sulla chiesa di Scientology. Prevista per il 25giugno, ad oggi della proiezione nelle sale neppure l'ombra. Ho chiesto informazioni allo staff del cinema "The space" di Sestu e Quartucciu, e "Uci cinema" a Cagliari, ed attendo risposte a breve. Intanto, scorrendo le rassegne stampa on line non è difficile notare come sull'argomento vi sia un vuoto che dura dall'uscita della notizia a maggio sino ad ora. E' possibile che su un documentario così atteso, che tratta un argomento d'interesse politico e sociale enorme (visti anche i numeri e la diffusione della chiesa) non sia possibile reperire nessuna notizia? Un documento di tale portata, per la novità e il carattere inedito dei contenuti riportati, avrebbe dovuto avere ben altro risalto sulla carta stampata e sui media on line. E' sufficiente dare uno sguardo al trailer perché l'interesse sull'argomento si desti immediatamente.
In attesa di ulteriori sviluppi riproponiamo di seguito le anticipazioni sul film, sperando così che rimaniate affamati.

Marta Banditelli



martedì 23 giugno 2015

L'arte sfida il tempo che passa

Sabato 4 luglio, presso il punto vendita Val.dy cash&carry in via S. Maria Chiara 161(CA) avrà luogo il concorso "il tempo che passa" indetto in collaborazione con Colart-Lefranc & Bourgeois, Tintoretto S.r.l. e P.e.r. Bellearti di Pieraccini. Dieci artisti si sfideranno con colori e pennelli per realizzare un'opera che rappresenti il tema della gara. Alle ore 10.30 si darà inizio ai lavori, ed il tempo massimo consentito per ultimare sarà di sei ore. Alle 19.30 il giudice di gara Alessandro Padroni valuterà le opere e proclamera' i tre vincitori. I premi in palio sono,rispettivamente per il primo,secondo e terzo posto, tre forniture di materiale per le belle arti offerto dagli sponsor. I tre lavori inoltre saranno pubblicati sul sito www.sardegnaremix.com.

Marta Banditelli

venerdì 12 giugno 2015

Ilaria Alpi: nient'altro che la verità

Sono passati undici anni dalla morte di Ilaria Alpi,giornalista italiana assassinata a Mogadiscio insieme al suo assistente Miran Hrovatin. Undici anni di bugie,omissioni,segreti di stato che hanno coperto la verità sull'attentato che li uccise. Rai tre,sul suo sito, propone il documentario "Ilaria Alpi-l'ultimo viaggio", documento che fa piena luce sulla vicenda grazie alle prove scoperte dal giornalista Luigi Grimaldi.
Il 20 marzo 1994 la CIA, con l'appoggio del Gladio e dei servizi segreti italiani organizza l'agguato al mezzo che trasporta Ilaria,Miran e il loro autista. La Alpi aveva scoperto un traffico illegale gestito dalla CIA attraverso la flotta della società Schifco, ufficialmente donata dalla cooperazione italiana al governo somalo per la pesca. In realtà questa serviva agli Stati Uniti per trasportare rifiuti tossici radioattivi in Somalia, ed armi da destinare alla Croazia in guerra con la Jugoslavia.
Quello in Somalia è stato il primo di numerosi interventi di "restore hope" che gli stati uniti hanno attuato in collaborazione con la Nato. Sono definite missioni di "ingerenza umanitaria" per le quali si sostiene di dover agire militarmente quando è in pericolo la sopravvivenza di un popolo. Sono le guerre alle quali USA e Nato hanno partecipato in Jugoslavia,Afghanistan,Iraq,Libia,Siria, Yemen e Ucraina.
Il New York Times si è occupato di queste vicende in due inchieste. Nel corso della prima ha evidenziato la presenza di una rete internazionale gestita dalla CIA che rifornisce di armi i ribelli siriani attraverso aerei del Qatar, Giordania e Arabia Saudita. Queste armi provengono anche dalla Croazia la quale sta restituendo adesso il supporto bellico concessole dagli Stati Uniti negli anni 90. Le armi passano inoltre per la Turchia,ed il video che documenta tale passaggio è stato divulgato dal giornale turco "Cumhuriyet",il cui direttore è stato pesantemente minacciato dal presidente Erdogan.
La seconda inchiesta,datata 7 giugno, rivela l'esistenza del "Team 6", l'unità segreta internazionale incaricata delle "uccisioni silenziose". I suoi agenti, camuffati da funzionari d'ambasciata o impiegati di compagnie estere, eseguono la caccia all'uomo nei confronti dei nemici degli Stati Uniti e dei suoi interessi.
In questo quadro si inserisce la tragica scomparsa della giornalista italiana e dei suoi due compagni di viaggio, vittime di un gigantesco sistema che non concede spazio a verità e  giustizia sociale.

Marta Banditelli

venerdì 5 giugno 2015

La "biblioteca degli inediti": la proposta che non piace agli addetti alla cultura

Leggo oggi un post della giornalista Selvaggia Lucarelli su facebook. Oggetto dell'ilarità nel post è la proposta del nostro ministro per i beni e le attività culturali, Dario Franceschini, di realizzare una 'biblioteca degli inediti', allo scopo di raccogliere tutte le produzioni scritte che gli italiani custodiscono nei propri cassetti. Questo censimento non lascerebbe che parte della nostra storia artistica vada persa solo perché non gradita ad alcun editore. Al di là della sorellanza con il mio "progetto Ercole", trovo l'iniziativa lodevole, e non capisco quale sia la pietra dello scandalo in questo contesto.
Incuriosita cerco qualche elemento in più sul web, ed incappo in un articolo di Arianna Galati su 'Yahoo! Italia notizie'. La Galati, schernendo il ministro, si domanda a cosa dovrebbe servire tale biblioteca,ed aggiunge: "un inedito non resta tale solo perché il mondo nell'editoria è brutto e cattivo, ma perché magari non ha veramente il minimo valore aggiunto in quel che sta cercando di raccontarci".
A questo proposito mi chiedo invece io: e se fossimo noi lettori a prendere una decisione su cosa ci piace e cosa no una volta tanto?
È possibile che noi, miseri fruitori ultimi di letteratura,si abbia anche del senso critico e gusto personale,ed è possibile che noi si sia anche in grado di preferire una lettura all'altra senza la supervisione di un 'adulto-editore'. È tipica, per ovvi motivi storico-religiosi, l'idea tutta italiana dell'intermediario tra il testo 'sacro' ed i profani: i tempi sono decisamente maturi per affrancarsi da questa scomoda eredità.
La Galati prosegue con un interrogativo di natura logistica. Rispetto ai manoscritti si chiede dove poter "stipare" questo "quantitativo irragionevole di carta", ed arrivando da sola al concetto di e-book, contesta comunque il fatto che questo archivio andrebbe manutenuto e catalogato.
In un paese nel quale la percentuale di lettori è a dir poco scarsa, un'iniziativa che promuova la letteratura dando la possibilità di esserne protagonisti , a chi potrebbe nuocere esattamente? Di cosa hanno paura coloro che la affossano?
Il sospetto è che questa sia una di quelle "polemiche di categoria", come quelle seguite alla proposta di abolizione degli albi professionali. Quando si fa parte di un'élite, e si raggiunge lo status di 'qualcosa', è sempre difficile riconoscere tale appartenenza anche a chi è arrivato alla meta attraverso un percorso diverso.
Dopo tutto, viviamo in un paese in cui Charles  Bukowski non avrebbe potuto insegnare letteratura moderna all'università: non avrebbe avuto requisiti e titoli.

Marta Banditelli

mercoledì 3 giugno 2015

"Passioni": Virginia Chessa


Effimere ed inferme le passioni,
fervide e ruvide blandizie,
nude vipere accasciate, teatro macabro di roboanti esibizioni,
efferati e viziosi simulacri di un'alba tumefatta da gravide astuzie.
Sontuose e grette le passioni,
tetri spettri, torbide e decomposte inezie,
sudice ed abiette arvicole consunte, commedia fiacca e pietosa, supporto di affanni e abbandoni;
cavi e silenti uncini, crivella di un brullo vespro, indolente spettatore di estinte e trapassate letizie.

domenica 31 maggio 2015

La religione del successo: Alex Gibney racconta Scientology

Una delle 2300 chiese costruite da Scientology nel mondo
Documentario "Going clear", locandina
E' prevista per il 25 di giugno l'uscita nelle sale italiane dell'attesissimo "Going clear", del documentarista Alex Gibney. Il film tratto dall'omonimo libro del 2013 di Lawrence Wright è stato presentato a gennaio al Sundance film festival e trasmesso dalla rete Hbo. Oggetto della narrazione è la bizzarra ed inquietante storia della Chiesa di Scientology. Il suo fondatore Ron Hubbard, controverso personaggio dell'America degli anni cinquanta, dopo aver sbarcato il lunario con la pubblicazione di alcuni racconti fantascientifici, scrive "Dianetics", venduto in 17 milioni di copie in tutto il mondo. Il best seller rivela i misteri della psiche ed il suo funzionamento. La mente umana sarebbe imprigionata da dannose influenze esterne: attraverso un costoso percorso guidato da istruttori e monitorato da macchinari specifici, ci si può liberare di esse, per poter raggiungere qualunque obbiettivo ci si prefissi. Il libro, pubblicato nel 1950, ebbe un enorme successo soprattutto nell'ambiente di Holliwood :non fu un caso che i primi centri di reclutamento sorsero agli actor studios di Los Angeles. Hubbard capì presto che l'unico oggetto di culto possibile fra le celebrities è la fama, ed al già seguitissimo manuale aggiunse l'elemento religioso a completare l'opera. Spiegò infatti che circa 75 milioni di anni fa l'imperatore della confederazione galattica 26, tale Xenu, imprigionò nei ghiacci terrestri miliardi di spiriti ribelli. Questi sono i futuri fedeli di Scientology, gli eletti, che diffondono il verbo di Dianetics e costruiscono chiese in tutto il mondo: tutto rigorosamente a titolo gratuito o quasi. Dal 1993 (anno in cui i 24 mila avvocati della setta ottennero lo status di Chiesa) i proventi delle attività, i bilanci e le innumerevoli proprietà immobiliari della congregazione, sulle quali non pagano tasse, non sono mai stati censiti in modo sistematico. Il segreto di tale business è svelato nel film dalla testimonianza di quattro ex adepti, fuoriusciti dalla setta affrontando non poche difficoltà e ritorsioni da parte di alcuni compagni di fede. Attraverso la pratica della confessione, necessaria al percorso di liberazione, la grande struttura della setta riesce a carpire all'adepto le sue fragilità per utilizzarle a proprio vantaggio. I testimoni raccontano di persone indotte a spogliarsi dei loro averi per destinarli alla Chiesa, a divorziare, a interrompere legami familiari o d'amicizia con quelle che vengono definite suppressive persons. La fede crea una prigione alla quale è difficile rinunciare in quanto in essa si creano nuovi e forti legami d'amicizia: una gabbia che diventa il
Tom Cruise, uno dei più noti fedeli della Chiesa.
proprio mondo.
La reazione al libro, e successivamente al film di Gibney, da parte di Scientology non si sono fatte attendere.
Già durante la stesura dell'opera, Wright ricevette lettere di minacce da parte degli avvocati del culto, e nessun editore in Canada e nel Regno Unito ha voluto pubblicare il volume per non incorrere in lunghe e costose battaglie legali. Per lo stesso motivo, sempre in Inghilterra, la proiezione del documentario è stata proibita. Gibney riceve quotidianamente la visita di due o tre avvocati della setta per la consegna di citazioni a giudizio, e la campagna denigratoria nei suoi confronti è proseguita sui social network e sulle pagine del New York Times e del Los Angeles Times, comprate da Scientology a tale scopo.
Nonostante tutto il documentarista non si arrende, e sulle pagine de "Il Venerdì" di Repubblica afferma:
Noi giornalisti abbiamo il compito di fare gli agenti provocatori, gettare delle piccole bombe che esplodano facendo pensare, soprattutto quando le cose non sono ancora di dominio pubblico, quando ci sono solo in giro delle spiacevoli sensazioni. Mi auguro che chi ha denunciato non sia lasciato solo e che la legge intervenga per proteggere loro e tutti gli altri.

Marta Banditelli

mercoledì 20 maggio 2015

Virginia Chessa: "Insensatezza"

Insanabile vuoto
insostenibile stanchezza,
Come un figlio devoto
vile tace e agonizza;
Perduto in questo immenso ignoto,
confuso per l'attesa,
immerso nell' insensatezza.

lunedì 18 maggio 2015

"Incendi":una storia di ordinario abominio

Sabato 16 maggio, alle ore 21 al teatro Massimo di Cagliari erano in scena la vergogna e la grandezza del genere umano. Wajdi Mouawad, drammaturgo e attore quarantasettenne libanese naturalizzato canadese, accende per noi i riflettori sull'immagine del conflitto in medio oriente. "Incendi", secondo lavoro tratto dalla tetralogia "il sangue delle promesse", accompagna le nostre coscienze attraverso la vicenda umana di due fratelli gemelli, Jeanne e Simon. I due vivono in una cittadina dell'
Occidente, al riparo dai conflitti e dalla miseria sulla quale affondano le loro radici. Sopraggiunta la morte della loro madre, donna taciturna ed algida, viene aperto il suo testamento. Ai gemelli la defunta affida due lettere, da consegnare l'una al loro padre, che sapevano morto durante la guerra civile,e l'altra ad un fratello,del quale ignoravano l'esistenza. Il rancore per una madre incapace di donare affetto spinge dapprima i due a rifiutare l'incarico. Sarà Jeanne a cominciare per prima il suo percorso a ritroso nel tempo, alla scoperta di sua madre e di se stessa. Scoprira' prima da sola, ed in un secondo momento con il fratello, una verità agghiacciante, orribile, indicibile, di quelle verità che "non possono essere rivelate se non a condizione di essere scoperte".
Davanti allo spettatore si para un'immagine di ordinaria sofferenza. Lo strazio di una giovanissima madre alla quale viene sottratto tutto ciò che la tiene in vita in un mondo di orrore. Le viene strappato l'amore del suo uomo, catturato e portato lontano dalla milizia, e poi il suo bimbo,nato da quell' amore così grande,sbocciato in un luogo dove amare è impensabile.
"Che cos'è questo mondo, dove gli oggetti hanno più futuro di noi?" si chiede
Sauda, una delle donne simbolo di questa storia. Ed è alle donne qui che è affidato il compito di piegare un destino che sembra segnato. Jeanne e sua madre Naual, Nazira e Sauda, rispettivamente nonna e compagna di viaggio di Naual, cambieranno il corso della storia: spezzeranno la catena d'odio che avvelena le loro vite, per trovare quella pace che la loro terra reclama.
L'umanità, parola alla quale generalmente  si associa una connotazione positiva, è qui raccontata attraverso la più bassa delle sue manifestazioni.
"Ogni terra è responsabile dei suoi eroi e dei suoi traditori" dice Naual. L' amore per il suo uomo, per quel figlio strappatole dalle braccia, e per la sua povera gente martoriata è  tanto grande da consumarla, ma restituirà dignità a se stessa ed al genere umano attraverso il perdono e la giustizia.

sabato 16 maggio 2015

UN ANTICO MESTIERE DALL'IRAN A CAGLIARI: INTERVISTA AL DOTTOR MOSTAFA GHORATOLHAMID

https://www.facebook.com/pages/Mostafa-Ghoratolhamid/1478803379059326https://www.facebook.com/pages/Mostafa-Ghoratolhamid/1478803379059326
Il dottor Ghoratolhamid a lavoro nella sua bottega.
(foto di Rabii Tarbouchi)


Corre l'anno 2015, e gli antichi mestieri, quelli esercitati grazie a finissime competenze manuali, vengono progressivamente a scomparire, o per meglio dire a cambiare aspetto.

Esperti artigiani quali liutai, tappezzieri, ed orafi incisori chiudono le serrande delle proprie botteghe, ma coloro che resistono e tengono in piedi l'attività godono del privilegio della scarsa o totale assenza di concorrenza nel proprio settore, e di una impagabile quanto rarissima padronanza del sapere manuale.

Il dottor Mostafa Ghoratolhamid, maestro incisore e cesellatore, è l'ultimo tra i suoi colleghi a Cagliari a lavorare ancora esclusivamente a mano.

E' un sabato mattina, ed il dottor Ghoratolhamid ci riceve nella sua bottega, in via della Pineta 187. Il sole splende, e di buon mattino la serranda viene sollevata, mostrando ai passanti la vetrina con le creazioni del maestro.

Ci salutiamo, e il maestro ci fa accomodare dandoci la possibilità di cominciare la nostra chiacchierata.

" Dottor Ghoratolhamid, come e dove è cominciata la sua carriera lavorativa?"

"Il mio percorso inizia nel mio paese, in Iran. Avevo 12 anni e avevo appena finito le scuole elementari. All'epoca si facevano 6 anni di scuole elementari e sei di scuole superiori, non esistevano le scuole medie, perciò finite le scuole elementari sono andato a lavorare in bottega, e ho iniziato li. In bottega lavoravamo io, il mio maestro Mehdi Zuofan , e c'erano anche altri incisori che erano molto più grandi di me. Ho avuto molta fortuna, perchè ho lavorato con uno dei più grandi incisori ancora in vita nel paese. La tecnica dell'incisione su metallo è molto diffusa in Iran, sopratutto in certe citta come Isfahan, la mia città natale, o Tabas. Di solito si utilizza per decorare, abbellire e personalizzare oggetti dei quali si fa un utilizzo giornaliero, come piatti o vasi. Il primo a realizzare con questa tecnica veri e propri quadri incisi su metallo da incorniciare per abbellire le case è stato il mio maestro.

Ho lavorato sei anni con lui, dopo di che mi sono diplomato. Ho lavorato altri due anni per conto mio, dopo di che ho deciso di venire in Italia per studiare. Ho fatto un anno a Perugia, all'università per stranieri, accedendo alla facoltà di ingegneria mineraria. Quando ho superato l'esame di ammissione mi hanno mandato a Trieste. Trieste è una bellissima città, ma non ci vivevo bene, dunque mi sono trasferito alla facoltà di ingegneria mineraria a Cagliari. Il percorso che mi ha portato in Italia, e poi a Cagliari è stato dunque universitario più che lavorativo. Negli anni 80 mi sono laureato e ho continuato a fare quello che sapevo fare. In realtà ho sempre lavorato anche durante gli anni universitari. A Cagliari per mantenermi facevo questo mestiere, e lavoravo sia per conto mio che per molti orafi che avevano bisogno di incidere qualcosa. Diciamo che per l'85% dei miei studi mi sono mantenuto grazie ai miei lavori. All'epoca non si poteva lavorare, perchè gli studenti dovevano fare solo gli studenti, ma oggi non è più cosi. Ormai è andato in prescrizione, perciò si può dire!"

"A proposito del suo lavoro, parlando di Cagliari, lei è l'unico fra gli incisori ad incidere a mano: è corretto?"

Se parliamo di lavori di un certo livello si. Sino a pochi anni fa c'era un signore, un carissimo amico che però incideva sopratutto anelli matrimoniali, e poi c'è qualcuno che incide i colletti dei coltelli. Però se parliamo di lavori grossi come li realizzo io, mezzo metro per un metro, non credo si sia mai cimentato nessuno, perchè è un lavoro che porta via molto tempo, e richiede molta pazienza. Però ancora oggi c'è qualcuno che incide o lame di coltelli, o altri oggetti.

L'incisione su superfici di metallo così estese non è una pratica tipica del cagliaritano, e più in generale del sud Sardegna. Da quello che so c'erano grandi maestri argentieri anche in Sardegna, che però effettuavano lavori di sbalzo per le chiese, crocefissi sbalzati o altri calici lavorati molto bene. Se parliamo però tecnicamente di incisione non c'erano grandi esempi."

"Quali e quante tecniche esistono per la lavorazione del metallo?"

"Esistono tre tecniche di lavorazione del metallo, una è proprio l'incisione, in cui viene asportato il metallo e tale asportazione lascia traccia, nell'altra il metallo viene battuto, e lo scalpello lascia traccia, ma non c'è nessuna asportazione. Poi c'è l'altro lavoro di bassorilievo e sbalzo.

Questi lavori si trovano in molti paesi, ad esempio nel sud america, asia centrale, India, nord africa, in Italia. Però come incisione vera e propria ho visto poco. Per esempio in nord africa fanno più cesellatura, e la differenza è che nella cesellatura non si asporta metallo, ma è lo scalpello a lasciare il segno: il metallo viene segnato ma non inciso.

Poi per quanto riguarda l'incisione ci sono principalmente due tipi di incisione. C'è chi lavora con gli scalpelli e chi coi bulini. Con i bulini viene utilizzato il martello, con il quale viene spinto il bulino e quindi asportato il metallo. Di solito il bulino si usa con metalli abbastanza dolci, e se un metallo non è dolce deve essere comunque temperato in modo tale che sia più facile da lavorare. Io ho imparato la tecnica in uso nella mia zona: l'incisione viene fatta con lo scalpello e non con bulino, sempre ovviamente con l'aiuto del martello. E' la tecnica che si usa molto per incidere le lame di coltelli oppure i calci dei fucili, perchè sono più difficilmente lavorabili solo col bulino."

"Per quanto riguarda la precisione del disegno e del dettaglio, la seconda tecnica, quella che utilizza lei, pensa che sia più adatta alla realizzazione dei disegni più elaborati?"

"Secondo me con questa tecnica si potrebbe sicuramente lavorare meglio su un disegno ricco di dettagli, ma questo non significa che non ci siano grandi maestri che incidono con bulino che riescono a fare fantastiche cose. Un incisore che utilizza più o meno gli stessi strumenti che uso io ha diverse punte a disposizione da poter utilizzare per eseguire ogni volta un tratto diverso e specifico, invece le punte dei bulini sono abbastanza limitate."

"Le sue punte le prepara lei, giusto?"

"Si. Di solito un incisore sa quello che deve fare, e a seconda del lavoro che deve realizzare prepara anche i suoi strumenti. Ogni punta ha una sezione piramidale che viene usata per asportare il metallo. Per esempio, se vado a incidere un uccello e devo rifinire il piumaggio uso diversi scalpelli che hanno le punte lavorate. Se devo realizzare un lavoro, per esempio per un chiaro scuro, e con le punte che ho non otterrei il tratto che voglio eseguire, me ne costruisco uno o due per scegliere il più adatto. Mi capita raramente di dover costruire altre punte. Di solito utilizzo strumenti preparati venti o trenta anni fa, però comunque può capitare di avere una traccia per la quale non ho lo scalpello adatto, allora mi tocca ricostruirlo. Il principio è lo stesso che seguono i pittori. Ogni pennello genera un tratto diverso, ed è necessario dunque sapere quale di questi sia più adatto al disegno che voglio realizzare. Un pittore però usa i pennelli che sono gia pronti, se li va semplicemente a comprare. Fanno eccezione i mignaturisti, i quali costruiscono da soli i loro strumenti. Noi incisori dobbiamo fare da noi perchè non esistono in vendita i mezzi necessari al nostro lavoro, quindi li realizziamo noi a seconda di quello che dobbiamo fare."

"E in effetti alcuni lavori che lei realizza sono come delle miniature, perchè estremamente piccoli e aventi anch'essi una funzione descrittiva, è esatto?"

"Si, il lavoro che faccio io non è altro che miniatura persiana andata su metallo, e quasi tutti sono delle piccole o medie miniature."

"Quali temi sceglie per la realizzazione dei suoi lavori?"

"I lavori che eseguo riportano per lo più elementi caratteristici della mia terra. La nostra pittura non è separabile dalla poesia, e così dalla musica. Le prime miniature risalgono a quasi mille anni fa. Quasi tutti i libri risalenti a quell'epoca contengono miniature, sopratutto i libri di poesia persiana, e questa è una tradizione che continua ancora oggi. Le miniature erano descrizioni disegnate nelle quali il miniaturista interpreta quello che ha letto secondo il suo gusto, e la stessa cosa vale anche per la nostra musica tradizionale, sempre legata all'interpretazione della poesia persiana."

"Lei si occupa anche di poesia persiana?"

"Mi capita di andare in giro a recitare vecchi classici persiani, perchè poi chi fa il mio mestiere di solito è anche legato per questioni di lavoro alla poesia. Se io leggo, non so, due versi o tre versi, magari una piccola quartina, potrebbe anche saltarmi in testa di disegnare quella quartina, e interpretarla. Si impara molto dalla collaborazione fra diverse discipline. Ti racconto una cosa. Nella nostra cultura esistono racconti legati ad un favoloso uccello che si chiama SIMORGH, parola che solitamente viene tradotta in occidente con 'araba fenice'. Questo uccello compare da sempre nella letteratura persiana. Lui ha due funzioni, e due poeti descrivono la sua storia in due versioni completamente diverse: una di queste riporta ad un significato mistico.

Un giorno gli uccelli decidono di andare a cercare il loro re, perchè tutti ne avevano uno: i felini avevano il loro re, il leone, gli esseri umani avevano il loro, e così gli altri animali. Per trovare chi fosse il loro re gli uccelli decidono di mettersi in viaggio, e per questa impresa viene selezionato un rappresentante per ogni specie di uccello esistente. Quasi centomila uccelli partono per questa straordinaria avventura. Il viaggio è lungo e difficile, e man mano che si va avanti logicamente quelli più deboli non ce la fanno. Alla fine del percorso quelli di loro che resistono alla lunga traversata arrivano davanti ad uno strapiombo, e dinanzi a loro si para una montagna con le pareti lisciate dal vento, dall'acqua e dal sole. La superficie ha le caratteristiche del marmo, ed in parte riflette l'immagine di tutti loro. Erano rimasti in 30 di quei 100.000, e loro vedevano in quell'immagine il riflesso del becco di uno, dell'ala di un altro, delle zampe di un altro ancora e così via. Questa immagine composta viene interpretata dai 30 come l'immagine del loro re. In persiano 30 si dice SI, uccello si dice MORGH, quindi il nome del mitico uccello SIMORGH letteralmente significa 30 uccelli. Ecco perchè per esempio questo SIMORGH è stato disegnato in varie forme, uno per esempio l'ho disegnato l'altro ieri qua: è questo."

SIMORGH,o "araba fenice"
(foto di Rabii Tarbouchi)
Il maestro mi mostra una lastra di metallo sulla quale si intravede un principio di lavorazione.
L'incisione riporta la figura di un uccello con il piumaggio disteso, le ali quasi spiegate ed il becco semi aperto, intento (pare) ad emettere un qualche tipo di verso, le zampe e gli artigli pronti a ghermire una preda.

"SIMORGH"- continua il dottor Ghoratolhamid "compare di nuovo in una circostanza legata alla storia di alcuni dei più famosi personaggi della letteratura persiana. La storia comincia con due eroi epici iraniani, i quali avranno un figlio che nasce albino. All'epoca, parliamo di migliaia e migliaia di anni fa, le superstizioni la facevano da padrone, e la storia narra che i due neogenitori, spaventati da quel figlio fuori dal comune, decidono di abbandonarlo in campagna. SIMORGH lo porta al suo nido, e lo fa crescere. Questo bambino albino crescerà, si sposerà e poi avrà a sua volta un figlio: quest'ultimo diventerà uno degli eroi più grandi della letteratura persiana.

Questi sono solo due esempi nel quali SIMORGH compare nella letteratura, e vi comparirà molte altre volte. Pensi che sino a poco tempo fa compariva nella compagnia aerea di bandiera iraniana. Questa presentava un simbolo, la testa di un uccello, che altri


SIMORGH,dettaglio
(foto di Rabii Tarbouchi)
SIMORGH,piumaggio
(foto di Rabii Tarbouchi)
non è che SIMORGH. In persiano poi, l'acronimo di "compagnia aerea iraniana" risulta H.O.M.A, ovvero l'altro nome di SIMORGH.

E per tornare ai miei lavori, questo con la figura di SIMORGH è l'ultimo al quale sto lavorando."

"Generalmente chi commissiona i suoi lavori?"

"Ho lavorato per le chiese, ho fatto diversi tabernacoli, ho fatto delle cibatte di assunta, di santa, qualche crocefisso cesellato a sbalzo. Poi ci sono i privati. Molte volte c'è qualcuno che deve andare in pensione dopo 40, 50 anni di lavoro, e magari ai colleghi viene l'idea di regalare qualcosa di unico. Poi spesso ci sono gli orafi che mi portano oggetti che non possono incidere a macchina, perchè con il macchinario certe lavorazioni non riescono. I macchinari che utilizzano gli orafi di Cagliari devono avere una superficie piuttosto piana perchè il lavoro venga bene, altrimenti il pantografo non riesce a lavorare. Esistono macchine per incidere a laser, ma credo che a Cagliari non le possieda nessuno, e in ogni caso non hanno mai una resa come potrebbe averla il lavoro a mano di un artigiano incisore in quanto a bellezza e definizione. Il lavoro disegnato viene caricato su computer e utilizzato come plotter, dopo di che si incide a laser il metallo e si realizza il laoro. Nulla a che vedere con il lavoro fatto a mano. Insomma, non si può incidere tutto con la macchina poichè i macchinari hanno dei limiti, almeno per mia fortuna!"

"Chi commissiona i suoi lavori di solito le impone dei parametri rigidi o le viene lasciata libertà di interpretazione?"

"Diciamo che di solito chi viene qua e commissiona dei lavori mi da un'idea di ciò che vorrebbe io realizzassi, ma in genere mi si da parecchia carta bianca per l'interpretazione del tema in quanto si fa affidamento sul mio senso estetico e le mie competenze tecniche. Propongo al cliente una scelta di disegni che penso possano andar bene, ed insieme valutiamo la soluzione più adatta al singolo caso. Qualche cliente viene già con un disegno da realizzare, spesso non tenendo conto che il disegno andrà su metallo che, avendo caratteristiche differenti dalla carta, presenterebbe una resa non soddisfacente a lavoro finito. In questi casi consiglio una modifica in modo che il risultato sia comunque in linea con l'idea originale, ma realizzabile sul supporto desiderato."

"Secondo lei c'è spazio per poter imparare il suo mestiere e portarlo avanti da parte di un ragazzo che volesse cominciare?"

"E' difficile. Si potrebbe provare attraverso qualche scuola orafa, oppure qualche scuola di argenteria, per inserire un corso di incisione all'interno di quell'ambito. Pensare di insegnare direttamente questo mestiere è difficile, almeno io lo vedo difficile. Le botteghe non ci sono, in tutta Cagliari sono solo io ad avere una bottega, poi per conto loro c'è chi incide i propri coltelli, ma generalmente non si ha tempo da dedicare a un po di ragazzi. Però penso che se ci fossero dei maestri che potessero prendere qualche ragazzino e insegnare il mestiere sarebbe una bella cosa, magari con l'appoggio di qualche scuola. Il tutto dovrebbe essere organizzato bene: un artigiano come me non può organizzare una cosa del genere. Io devo aprire, sbrigare le cose mie, pagarmi l'affitto, pagarmi tutto ciò che occorre per eseguire i lavori. Dovrei avere un sostegno esterno, come ad esempio far rientrare il lavoro in bottega in un corso professionale. Diversamente dovrei stabilire un costo per il corso, ed insegnare un mestiere ad un ragazzo facendo pagare un sacco di soldi non so quanto sia poi conveniente per lui. Pensare ad un'esperienza da apprendista come quella che ho vissuto io è molto difficile in una società che prende tutt'altra direzione, e tornare indietro è davvero complicato. Io parlo dell'Italia, perchè da quello che ho potuto vedere di recente in Iran, non ad altissimi livelli, ma a livello medio basso ci sono tanti ragazzini e ragazzine che vanno ad imparare il mestiere. Purtroppo non ci sono grandi maestri: si fanno molti lavori, ma diciamo che sono lavori fatti principalmente per i turisti. Gli oggetti più che un valore artistico possiedono un valore commerciale, il che è inevitabile tenendo conto che diventa difficile sopravvivere se non riesci a vendere. Poi chissà, magari fra tutti loro uscirà qualcuno che si distnguerà dalla massa e diverrà un grande maestro prendendo la sua strada. Nelle botteghe in Iran lavorano tanti ragazzi, ed ora anche ragazze, e questa è una novità nel mio campo. Dopo la rivoluzione del 1979 hanno cominciato ad andare in bottega anche le ragazze, ma prima, quando ho cominciato io, il mestiere dell'incisore era tipicamente maschile. All'epoca conoscevo solo una ragazza armena della mia città che faceva questo mestiere, ora girando per le vie commerciali si vedono addirittura più ragazze che ragazzi in bottega!

Ho visto che anche nell'ambito universitario, in accademia, in Iran si cura molto l'insegnamento delle arti tradizionali persiane. Esiste da circa 25 anni un'università delle arti tradizionali che sono in primis disegno, tessitura e restauro del tappeto persiano. Il problema sorge nel momento in cui, come spesso accade, chi disegna il tappeto non lo sa annodare, chi annoda non sa disegnare e chi restaura non disegna e non annoda. Sempre all'università si insegnano incisione, cesellatura e sbalzo, che sono in pratica un corso unico. In quel caso quando esci sai fare tutti e tre, tutte cose che sono state insegnate anche a me in bottega. All'occorrenza infatti faccio incisione, come cesellatura o sbalzo, ed anche intarsiatura. Lavoro con piccolissimi pezzetti di metallo, legno e osso di cammello in sezioni di un millimetro per un millimetro. Questa tecnica si usa per decorare mobili o piccoli oggetti, come scatole portagioie come quella esposta in vetrina per esempio."


Il dottor Ghoratolhamid mi mostra i manufatti da lui realizzati. La scatola porta gioie della quale mi

parla è decorata con un intarsio realizzato con sezioni di metallo, legno colorato e osso di cammello. La sezione lavorata non è più spessa di un millimetro, e la maestria con la quale sono alternati ed assemblati gli intarsi lascia sbigottiti.
Intarsio,scatola portagioie
(foto di Rabii Tarbouchi)

Scatola portagioie,intarsio
(foto di Rabii Tarbouchi)
"Tornando alle discipline universitarie proposte in Iran"- continua il maestro "hanno ruoli importantissimi miniatura e calligrafia. Un lavoro in bella calligrafia potrebbe diventare anche un quadro: per esempio una poesia scritta con una bellissima calligrafia diventa un quadro da appendere, e questo tipo di manufatto è molto utilizzato in Iran per abbellire le case, oltre ad avere un enorme valore artistico. I caratteri persiani si prestano molto al disegno, e sopratutto alla fantasia di chi realizza opere calligrafiche. I caratteri sono più o meno come quelli arabi, solo che in persiano esistono quattro lettere in più che in arabo non esistono, e sono la PI, la JE, CE e GHE.

Per tutte le discipline che ho elencato l'università iraniana rilascia un'attestato di laurea.

Chiaramente un ragazzo che esce dopo 5 o 6 anni dalla bottega possiede una preparazione pratica di gran lunga superiore ad un neolaureato. E' un po la differenza che passa fra la preparazione dei ragazzi di bottega nel rinascimento e gli studenti delle accademie oggi. Mediamente un ragazzo in bottega lavora 7 o 8 ore al giorno: all'università si fa pratica al massimo per 5 ore alla settimana. La mia preparazione deriva quasi totalmente dal lavoro svolto in bottega. Ho imparato a disegnare da solo: il mio maestro mi mandava a copiare i disegni nelle moschee, e a poco a poco ho imparato la tecnica"

"Quali sono i passaggi preparatori ai suoi lavori?"

"Dipende molto dal lavoro che devo eseguire. Per alcuni ho bisogno di un disegno preparatorio, ed in genere il disegno si esegue prima su carta quando è necessario rispettare delle rigide proporzioni. Per altri lavori, come l'uccello che abbiamo visto prima, o la realizzazione del disegno di un fiore che non esiste in natura, non è necessaria la fase preparatoria. Al massimo si traccia a matita il disegno su metallo, ma ormai ho acquisito un'esperienza tale che per queste lavorazioni vado direttamente ad incidere con lo scalpello su metallo"

" Ricorda con particolare affetto qualche lavoro?"

"Si. Avevo 17 anni, e lavoravo ancora in bottega con il mio maestro. Dalla Spagna ci avevano commissionato la realizzazione del 'Cenacolo' di Leonardo Da Vinci su una lastra di metallo di 80 cm per 140 cm. Oltre al disegno centrale, la cornice era completamente lavorata, incisa e traforata Quando ho avuto davanti agli occhi la stampa a colori dell'originale di Da Vinci la mia reazione è stata di stupore e meraviglia. Abbiamo lavorato almeno in due su quel lavoro, per sei o sette mesi, ed una volta terminato il risultato era davvero uno spettacolo! In quel momento decisi: 'Se un giorno andrò in Italia, la prima cosa che farò sarà andare a vedere il Cenacolo di Da Vinci'."

"E c'è riuscito?"

"Si, certamente. E sono stato anche fortunato in quella circostanza. Ero a Milano per vederlo, un amico mi accompagnava. In quel periodo era sottoposto a restauro, e nessuno era autorizzato a visitare il sito dei lavori. Un operaio prese in simpatia me e il mio amico, e ci portò eccezionalmente a visitare l'opera d'arte. Ebbi la possibilità di vedere il capolavoro ad una distanza ravvicinata, privilegio riservato solo agli addetti ai lavori, ed una volta accese le luci, ed avuto dinanzi agli occhi quello spettacolo, l'emozione è stata fortissima. Ho idea di realizzarlo di nuovo, sono anni che ci sto pensando, ma non è facile. E' un lavoro lungo che va preparato, messo da parte, e quando si ha un'ora di tempo dedicarcisi. All'epoca di quel lavoro io ero ancora inesperto, ed avevo realizzato solo i lavori più elementari, più che altro incidevo e traforavo. I lavori più complessi come i visi, le mani, i capelli, li realizzava tutti il mio maestro. Mi piacerebbe cimentarmi in quei particolari che all'epoca non avevo la capacità per realizzare."

"Dove possiamo vedere i suoi lavori?"

Di solito faccio una, massimo due mostre all'anno, poi dipende da dove espongo. Precedentemente all'evento si cerca di pubblicizzarlo, e in questo le nuove tecnologie ci vengono parecchio incontro. Probabilmente ci sarà una mostra a metà giugno ad Arbatax, ma la cosa è ancora da definire. Generalmente collego alla mostra anche delle letture in metrica di poesie persiane, e alla mia lettura viene affiancata una traduzine in lingua italiana e un accompagnamento musicale, che può essere con violino, chitarra, e da poco mi è capitato di essere accompagnato anche da un amico suonatore di launeddas. Il pubblico apprezza molto perchè la nostra lingua (il Farsi) è piuttosto musicale: non ha i suoni gutturali dell'arabo ma ha delle sonorità più dolci, simili al francese.

Oltre a questi eventi ovviamente i miei lavori possono essere visionati qui nella mia bottega e sul mio profilo di lavoro su facebook."

"Quali sono i suoi prossimi progetti?"

"Mi piacerebbe come ho detto realizzare la famosa copia del Cenacolo di Da Vinci, con dimensioni ancora più grandi di quelle della riproduzione fatta insieme al mio maestro. E poi, già da una decina d'anni ho disegnato una scena di polo, uno sport molto antico, con quattro cavalieri, ma per il momento è rimasta sulla carta. Bisogna che inizi, prima che l'età cominci ad avanzare!"

Dopo aver scattato alcune foto ai lavori del dottor Ghoratolhamid, lo ringrazio e lo saluto, con la promessa di rivederci pesto ad uno dei suoi eventi d'arte e poesia persiana.



Marta Banditelli




mercoledì 13 maggio 2015

Picasso da record: 179 milioni di dollari per "les fammes d'Alger"

Asta da record per la casa Christie's a New York. Compratori e collezionisti di tutto il mondo,in sala e al telefono,si sono contesi fino all'ultimo rilancio il capolavoro del maestro spagnolo Pablo Picasso. Il dipinto in questione è  "les fammes d'Alger", composizione di 15 opere codificate da lettere diverse dalla A alla O, realizzata in epoche diverse fra il 1954 ed il 1955. Il fortunato acquirente se l'è aggiudicato per 179.365.000 dollari, cifra che ha stabilito un nuovo record mondiale: è infatti l'opera l'arte più costosa mai battuta all'asta. In dodici concitati minuti "le fammes d'Alger" ha stracciato il precedente record, battuto dal quadro appartenente al trittico " tre studi di Lucien Freud", opera di Francis Bacon del 1969, battuta all'asta per 142.400.000 dollari.
Con "les fammes d'Alger", Picasso torna alla ribalta degli artisti più quotati di sempre. Cominciò quest'opera dopo la morte dell'amico Henry Matisse, considerato per le sue odalische l'erede di Eugene Delacroix. "Les fammes d'Alger" richiama le opere dei due maestri passati (Matisse e Delacroix), creando un ponte fra i tre artisti.

domenica 10 maggio 2015

Indagine su Pablo Picasso:Virginia Chessa

Pablo Picasso
http://www.calameo.com/read/001730807af583a96513c

La storia dell'arte è ricca di personaggi enigmatici, maledetti e fanciulleschi, dei quali bramiamo conoscere sempre di più aspetti oscuri della loro esistenza e delle loro opere. Propongo qui un viaggio alla scoperta di Pablo Picasso, in compagnia della dottoressa Virginia Chessa, esperta della figura di questo affascinante protagonista della storia dell'arte contemporanea.
Buon viaggio!

Marta Banditelli

lunedì 4 maggio 2015

La scatola misteriosa:oddity box

Entrate in una stanza,e davanti a voi avete una scatola chiusa. Una persona dal volto conosciuto ve la porge, invitandovi a scoprire cosa si cela all'interno. La persona a voi nota è una donna eccentrica, misteriosa, la quale suscita in voi curiosità e timore. È familiare ma sconosciuta, affascinante ma sospetta.
Cosa fareste in una simile circostanza? Prevarrebbe in voi la curiosità o la prudenza?
Martedì 4  e venerdì 8 maggio, alle ore 20.00 a Cagliari in via Doninzetti 15a, la Lesicade house presenta "Oddity box", la scatola delle stranezze.
Seguite il bianconiglio...

Marta Banditelli

sabato 2 maggio 2015

Appuntamento al cinema: gli Impressionisti

Cosa fa di un collezionista d'arte un innovatore della storia dell'arte? Intuito, senso del bello, una
mente visionaria e libera. Questa è la storia raccontata nel film "Gli Impressionisti e l'uomo che li ha creati", ovvero storia di  Paul Durand-Ruel, collezionista d'arte parigino che nel 1886 a New York propose al mercato americano la rivoluzionaria pittura francese.
Il documentario diretto da Phil Grabsky propone un vero e proprio viaggio alla volta dei più maestosi allestimenti internazionali che hanno ospitato giganti quali  Cezanne, Monet, Degas, Pissarro, Renoir.
L'appuntamento, imperdibile, è per il 26 di maggio, unica data di proiezione, nelle sale cinema "The space" più vicine a voi.
L'evento rientra nella programmazione di "The space extra", ciclo di proiezioni atipiche per un multisala quale siamo abituati a frequentare. Il calendario prevede piéce teatrali (lo strano caso del cane ucciso a mezzanotte-National theatre live), balletto (la fille mal gardee-Royal Opera House), opera (la Boheme - Royal Opera House), documentari e musica (Faber in Sardegna & l'ultimo concerto di Fabrizio De Andrè).
Una fantastica iniziativa da non perdere: consideratela un piccolo risarcimento per ogni proiezione targata "Vanzina".

Marta Banditelli

mercoledì 22 aprile 2015

Il valore dell'amicizia

 
Sovente gli oggetti non sono solo oggetti. Essi spesso assurgono a rappresentazione di sentimenti,
legami, valori tanto importanti ed incommensurabili da richiedere un feticcio, un simbolo che li renda tangibili.
Ed è questa la ragione per la quale tali oggetti, specialmente se opere d'arte, dovrebbero appartenere solamente a coloro che meritano tale privilegio e responsabilità.
A François tutto questo non importa. François è un mercante d'arte di successo, e per quanto ne sa a determinare il valore di ogni elemento della vita umana è unicamente il suo prezzo in denaro: basta capire a quanto ammonta e valutare se ne valga o meno la pena pagarlo.
Durante un'asta alla quale partecipa con la sua collega e socia di galleria Catherine la sua attenzione viene catturata da un raro manufatto. Si tratta di un vaso di epoca ellenica, un'urna che contenne le lacrime versate da un ricco mecenate greco per il suo più caro amico morto prematuramente. Il legame unico e indissolubile fra i due amici è rappresentato sull'urna dalle figure di Achille e Patroclo.
Senza esitare, François si aggiudica il pezzo con un'offerta di duecentomila euro, esponendo se stesso e la socia ad un rischio economico elevatissimo. Catherine, furiosa per l'azzardo e desiderosa di vendetta, invita il socio ad una scommessa che sa per certo che lui perderà: dovrà presentarle entro un mese un suo amico, un caro amico. Tra i due non devono intercorrere rapporti di interesse di alcun tipo, solamente una genuina e disinteressata amicizia, pena un accordo di totale proprietà del manufatto ellenico ad esclusiva titolarità di Catherine. Il vaso rappresenta la sacralità del sentimento di amicizia tra due individui, sentimento che François ha ampiamente dimostrato di non provare affatto in più di una circostanza.
Le peripezie che affronterà il protagonista per non perdere la scommessa, e dunque l'amato vaso, lo porteranno ad incontrare la bizzarra figura di Bruno, un simpatico ed amabile tassista con la passione dei quiz televisivi. Bruno insegnerà a François cosa sia l'amicizia, come la si debba coltivare, curare e preservare nel tempo.
Il regista Patrice Leconte con "il mio migliore amico",  divertente ed ironica commedia, ci mette di
fronte alla distanza fra prezzo e valore, fra possesso e appartenenza, evidenziando in maniera affatto banale l'inestimabile ricchezza che si cela dietro un'amicizia sincera.

Marta Banditelli

domenica 12 aprile 2015

Storia di Ercole

Immaginate un bambino.
Un bambino sano, di indole docile. Ha i capelli neri, come la sua mamma, divisi in piccoli riccioli morbidi, la carnagione chiara e lo sguardo sognante.
Nasce nel 1927, a settembre. La sua è una famiglia borghese benestante composta da papà carabiniere e mamma casalinga, con la passione per la lettura, ed altri sei fratellini più piccoli: tutti biondi.
Questo bambino si chiama Ercole. Ercole è molto più che un nome, Ercole è una promessa, un patto: sarai forte, per te stesso e per tutti coloro che avranno bisogno di te.
Ercole è un bambino come tanti; gioca, si diverte, studia. A scuola va volentieri, e studia con piacere (eccezion fatta per la matematica), ma una innata timidezza ed un'educazione rigida non fanno
emergere quelle che sono le sue qualità più preziose.

Immaginate un ragazzo.
Ha sedici anni, ed è un bel giovane alto, perfettamente all'altezza del nome che porta.
Frequenta il ginnasio al liceo classico, in piazzetta Dettori dove, parecchi anni dopo (ironia della sorte), verrà trasferito il liceo artistico.
E' nel pieno della sua fanciullezza, nel fiore dei suoi anni, nel pieno della vita.
 

 


Fa freddo, e tra poco arriverà natale, ma l'aria della festa viene soffocata da un tragico lutto, che cambierà per sempre la vita di Ercole. Il suo papà muore a 43 anni di polmonite durante un trasferimento da una caserma all'altra, circostanza avvenuta durante il secondo conflitto mondiale: il 23 dicembre 1942 Ercole ed i suoi sei fratellini diventano così 'orfani di guerra'.
E' tempo per Ercole di onorare la promessa custodita nel suo nome.
Finiscono per lui gli studi, la musica, i giochi ed il divertimento. Ercole deve esser forte per se stesso, per la madre oramai vedova, e per i suoi fratellini, e provvedere a loro. L'adolescenza è prematuramente, tragicamente terminata.

Immaginate un uomo.
O per meglio dire, immaginate un ragazzo di 19 anni, smarrito, atterrito, indifeso ma impossibilitato ad esprimere tutte le sue frustrazioni ed angosce. Perché adesso è ' l'uomo di casa '. Non ha nemmeno l'età necessaria a mettere una firma su un contratto, e la mamma gli ' presta', come si usava dire allora, gli anni che gli mancano alla maggiore età che, a quell'epoca, si raggiungeva a 21 anni, e si arruola nell'arma dei carabinieri. E' il 1946.
Ercole, a dispetto del suo nome, non nasce guerriero, ed all'interno di un ambiente di soldati cerca disperatamente di crearsi una nicchia da "studioso", iscrivendosi ai corsi di specializzazione militari e  imparando l'elettrotecnica, materia arida e certamente distante dalle sue inclinazioni,  ottenendo così di lavorare spesso come radiotelegrafista. Tenta in tutti i modi di salvarsi dalla mediocrità studiando ciò che poteva, ciò che era utile, perché studiare ciò che gli piaceva era una totale perdita di tempo.
Nel frattempo i suoi fratelli hanno potuto trovare la loro strada nella vita: ha finalmente assolto al suo compito.
Ercole diventa maresciallo, e a 30 anni, età in cui era consentito per i carabinieri, si sposa. E' il 1956.

Immaginate un marito, un papà.
Adesso è tutto sistemato, la sua giovane moglie è accanto a lui, ed a breve arriverà la primogenita.
Ma c'è un'ombra nella sua anima, un vuoto incolmabile, un tassello mancante. Che fine ha fatto l'Ercole adolescente? Che ne è stato dei sogni, delle aspettative, di ciò che sarebbe potuto essere e non è stato?
Ercole compra colori, carta, pennelli e comincia a dipingere.

Immaginate un pittore
Un pittore naif, senza alcun rudimento, nemmeno minimo, di disegno o pittura. Ercole sente l'esigenza di imparare la tecnica che non possiede, e chiede lezioni private ad uno zio pittore, insegnante di disegno. Ascolta attento i consigli dello zio, ma rimane pur sempre un pittore istintivo, che non riesce ad osare con il colore.
"Dai più colore!"- suggeriva lo zio " Che paura hai ad usare le tinte forti?"


 

veduta di piazza Yenne
1998



Simbirizzi
1982

Paura, pudore, insicurezza. Tutto ciò che nella vita era costretto a non mostrare e reprimere. Nell'arte invece si può!
barche su acque chete
1978
Ercole preferisce gli acquerelli agli olii, perché ha la sensazione di poter tenere sotto controllo gli eventuali errori che potrebbe commettere nel dare colore, compromettendo così tutto il disegno. Non ha piacere che gli altri vedano i suoi quadri incompiuti, e custodisce gelosamente le sue bozze, sino al momento in sui si rende conto che l'opera è completa così com'è, cosa che avviene assai di rado. Impiega ore ed ore nei passaggi che gli occorrono a definire le nuvole sui suoi cieli e le onde dei suoi mari placidi e fermi.
la quiete
1981
I suoi dipinti parlano a chi li guarda. Impresse nella tela ci sono tutte le sensazioni del momento: paure, angosce, gioia e speranza. La pittura lo salva dalla depressione in più di una circostanza. Dona respiro alle sue ansie, sollievo ai suoi tormenti: lo eleva verso confini lontani dalla misera realtà quotidiana, così come solo la preghiera e la spiritualità possono fare. Ercole attraverso tele e colori comunica. Comunica con se stesso, comunica con Dio, o più semplicemente, come succedeva spesso nella sua vita, con chiunque avesse la pazienza e l'intelligenza sufficiente ad ascoltarlo.
Quando tutto sembra acquietarsi, quando la sua passione può finalmente esprimersi liberamente, qualcosa in lui sembra non andare, e stavolta non si tratta della sua anima.
Torna la paura, il terrore, di nuovo quei sentimenti così soffocanti da dover tacere, minimizzare, esorcizzare nel silenzio, come se nulla stesse accadendo. Ercole tenta ancora una volta nella sua vita di essere forte, di proteggere chi ha bisogno: i figli, i nipoti, la moglie. Un infarto puoi tentare di ignorarlo, ma non per molto. L'ictus che ne conseguirà blocca quasi totalmente l'uso delle sue mani, rubandogli per sempre la sua dimensione più autentica.
Le conseguenze sul suo corpo saranno devastanti, invalidanti, ed Ercole perde ciò che di più sicuro lo teneva aggrappato alla vita: la capacità di dipingere.

Immaginate un anziano
Ercole è malato, provato nel corpo e soprattutto nell'anima per quella orribile beffa del destino. Comincia a catalogare in modo maniacale i colori, le tempere, i gessetti che non può più utilizzare. Scrive in bella grafia i nomi dei colori, con una prova di tinta di fianco, dalla "terra di Siena", bruciata o meno, all'ocra fino al cardinale. Tenta disperatamente di non perdere del tutto il contatto con i suoi amatissimi strumenti. Deve accontentarsi di sentirne il profumo, la consistenza.
La malattia  impedisce alle sue mani di continuare a liberare la sua anima sino al giorno della sua morte, all'età di 79 anni, fra gli affetti delle persone care, e meno care.

Immaginate un uomo che oggi vive nei suoi quadri, negli oggetti che ha lasciato a figli e nipoti, nelle immagini che ha prodotto, curato ed amato.

Immaginate mio nonno.

Marta Banditelli

 



lunedì 6 aprile 2015

E voi chi cazzo siete?

Vita dura qui all'inferno. Siamo nel 2014, e dare catalogazione, e quindi giusta punizione, ai nuovi peccatori è compito assai difficile. Come punire stalkers, hackers e i-pone dipendenti? I gironi sono ormai obsoleti,ed urge un'intervento dell'Altissimo. Il signore,ormai vecchio,stanco,e con pessime abitudini in fatto di salute, dietro sollecito di Lucifero convoca l'assemblea dei santi,la quale,dopo non poche battaglie e scorrettezze,decide di rimandare il buon Dante sulla terra,per analizzare e catalogare i nuovi peccati,accompagnato stavolta da un incredulo e bizzarro Virgilio. Ciò che da questo momento in poi accade è un viaggio ironico ed amaro all'interno della nostra società,un'analisi spietata e spassosissima di ciò che abbiamo sotto gli occhi ogni giorno,vista con gli occhi di un Dante più che mai sperduto ed angosciato. Fabrizio Biggio e Francesco Mandelli offrono al pubblico una commedia divertente e mai volgare, dal primo minuto sino all'ultimo,con spunti e citazioni mai banali o scontate. Assolutamente da vedere.
Io ve lo dissi!

Marta Banditelli

sabato 28 marzo 2015

Un caffè con l'uomo invisibile: Manu Invisible

Incontro Manu Invisible davanti al locale nel quale sta preparando un lavoro, in uno dei quartieri più popolari della nostra città, culla della Street art dai tempi in cui per i più lo Street artist era un teppista e una tag era chiamata "pasticcio sul muro". La prima volta che vidi il nome di Manu fu su un adesivo in macchina di mia sorella. Le chiesi: "ma chi è questo Manu Invisible?"- e lei "Un mio amico che fa graffiti: è un mostro!". Aveva ragione!
Arrivo sul posto, e intuisco sia lui dalla scientifica constatazione che, di fronte al civico indicato, c'è solo lui. L'odore acre della vernice mi da il benvenuto, nonostante io sia a parecchi passi dall'ingresso. Ci salutiamo, mi presento.
L'idea migliore è quella di andare a cercarci un posto dove prendere un caffè, ma ne io ne lui siamo pratici della zona. Mi viene in mente che poco distante avrei trovato il salone dove lavora una mia amica: certamente lei saprà dove trovare un buon caffè in zona. Così mi dirigo verso il negozio, e nel frattempo ne approfitto per fare qualche domanda a Manu. So che il lavoro al quale l'ho strappato pochi minuti prima gli è stato commissionato, e ne approfitto per chiedergli se si trovi o meno a suo agio con le opere su commissione.
"Mi trovo bene" - mi risponde lui" anche perché solitamente mi si lascia carta bianca per la realizzazione. E' inevitabile che in questo tipo di composizioni io debba seguire un tema prestabilito, ma in realtà lo sviluppo di questo tema può essere realizzato in maniera così ampia da non costituire quasi per nulla una costrizione"
"Ma non si rischia, con opere su commissione, di snaturare il senso della Street art?"
"Il punto è un altro, e forse ancora più netto. Tutto ciò che si realizza su commissione o dietro autorizzazione delle autorità competenti non può dirsi autenticamente Street art. La Street art, o per meglio dire tutto quell'universo che le gravita attorno, vive e trova collocazione solamente nella dimensione dell'illegalità, dell'abusivismo.
''Petali d'apparenza'' - Pittura al quarzo e spray
su parete - Orosei - 2009
 Il muralismo ha una lunga storia a se alle spalle, e la Sardegna in particolare conosce delle espressioni assolutamente degne di nota di quest'arte, opere per la maggior parte legate al folklore che esprimono un forte attaccamento al mondo rurale e alle attività tradizionali, permeate di sentimenti d'isolamento e di nostalgia. Questa lunga storia nasce  dalla San Sperate ripensata da Giuseppe (Pinuccio) Sciola già a partire dal 1968, insignita del titolo di "paese-museo" per essere stato il primo ad aprirsi al Muralismo. Qui comincia la ricerca grafica di Sciola, i collages tri-dimensionali con tronchi d' albero dipinti con colori vivi segnano il passo di una sperimentazione artistica in continua evoluzione. Segue Orgosolo, la quale vede sorgere  i primi murales, opere del gruppo anarchico milanese Dyonisos, nel 1969, e vede la sua fase di produzione più prolifica nel 1975. I temi oggetto dei murales di questo paesino della Barbagia ne sottolineano il suo spirito  tradizionalmente contestatario : rivoluzione sarda ed internazionale, banditismo d'onore, pacifismo, socialismo, lotta contro le ingiustizie, la corruzione e la povertà. Tutto ciò che potremmo più in generale attribuire alla contestazione politico-sociale.
''Campurella'' -Pittura al quarzo e spray su parete - San sperate - (Feat. Frode) - 2014
Negli anni che seguiranno altri paesi della Sardegna si renderanno protagonisti della storia del muralismo, nello specifico Villamar a partire dal 1976, con le opere di due esiliati cileni Alan Jofre e Uriel Parvex, per continuare nel 1977 in numerosi paesi della Sardegna, grazie al lavoro del "Gruppo Arte" guidato da Antonio Cotza, agli artisti di Serramanna ed alla Brigata Muralista Salvator Alliende della Marmilla. Nel tempo la ragione e l'obiettivo ultimo degli artisti che hanno prodotto questa tipologia di opere in Sardegna è spesso mutata: se i primi Murales sardi contestano con
violenza l'ingiustizia sociale e lo sfruttamento politico, quelli più recenti soddisfano ormai più spesso l'estetismo urbano e la curiosità turistica.".
Arriviamo al salone della mia amica che, scoprirò solo ora, essere anche amica sua. Lei, senza che io abbia il tempo di formulare la domanda, ci invita ad accomodarci e a proseguire l'intervista da lei, offrendoci il caffè ed ogni genere di comfort: meglio di così!
''Personage'' - Light Painting 20x20 cm
Proseguiamo la chiacchierata, e Manu mi spiega il suo disagio nel venire etichettato una volta come writer, piuttosto che non come Street artist, graffitaro, muralista e via discorrendo. Le etichette non gli si confanno, in quanto artista poliedrico e sempre in continua evoluzione e sperimentazione.
"Il mio percorso artistico si snoda in differenti e sempre mutevoli sperimentazioni. Non seguo delle
'fasi', non produco a cicli alterni solo volti, o solamente scritte, o figure astratte, ma sperimento tecniche e rappresentazioni sempre nuove ed in evoluzione. Esattamente come Gustav Klimt, il quale si dedicava ad architetture, paesaggi e figure umane senza soluzione di continuità."
"So che recentemente hai collaborato con l'università ed hai partecipato ad un'esposizione a palazzo Vice Regio. Come hai trovato queste esperienze e come pensi che aiutino o danneggino la Street art le istituzioni che aprono ad essa le porte."
''Dobermann'' - Terracotta e gommalacca scultura 40x30x15 cm
"L'esperienza all'università è stata interessante, ma non ho praticamente aperto bocca, nonostante io non sia affatto in soggezione quando mi trovo a parlare della mia produzione artistica. Mi mettono a disagio i contesti 'pubblici' nei quali mi devo esporre in modo troppo eccessivo per le mie corde. In queste occasioni mi presento quasi sempre a volto coperto, un po' perché ci tengo a proteggere la mia privacy, un po' per evitare qualunque problema legale nel quale potrei incorrere, essendo già passato per due denunce, ed in ultima istanza perché trovo certe manifestazioni del pubblico che mi trovo davanti davvero eccessive, vedi i selfie che avrebbero voluto facessi. Per quanto riguarda l'esperienza a palazzo Vice Regio, li mi sono limitato a proporre alcune delle mie opere realizzate con lo spray. L'esposizione è stata realizzata con le migliori intenzioni da una persona a me molto cara che nutre un genuino interesse e premura nella salvaguardia e divulgazione della cultura urbana, cosa che però non ha impedito inevitabilmente la snaturalizzazione del concetto stesso di Street art."
"Si può dire che l'esposizione poteva essere letta come una sorta di 'catalogo' delle opere di cui in realtà lo spettatore può e deve fruire nello spazio urbano?"
"Si, si può interpretare in questo modo. D'altra parte, se anche l'idea stessa di Street art in un contesto museale viene snaturata, è pur vero che queste iniziative hanno il duplice scopo di dare visibilità e quindi possibilità di emergere agli artisti, e dare l'opportunità al grande pubblico di informarsi circa questa cultura spesso poco conosciuta nei suoi aspetti più autentici, e mal interpretata ed illustrata  pure peggio dai media."
Manu mi porta a questo punto, come un moderno Virgilio, all'interno di questo confuso e macroscopico mondo. Mi prende per mano e mi porta in un viaggio che parte dalle prime opere degli anni sessanta, che il tempo e l'incuria hanno pressoché portato via totalmente. Mi racconta di come una gallerista francese abbia pensato di rimuovere una porzione di muro sul quale vi erano dei graffiti oramai storici, e di portarla all'interno di un museo. Mi torna in mente una notizia simile a proposito delle opere di Banksy, e lui me ne da conferma, aggiungendo un'informazione in più: si dice che più di un'opera di questo artista non sia stata realizzata abusivamente, ma sia stata invece espressamente autorizzata.
''Batmanu'' - Pittura al quarzo e spray su muro
Milano 2010
Ad un tratto Manu si interrompe, e mi chiede: "Ti sto asciugando, vero?"- utilizzando, mi spiega, una tipica espressione imparata durante gli anni milanesi. Non posso fare a meno di pensare a quanto inappropriata sia questa espressione, se accostata alla nostra conversazione feconda, ricca, generosa.
Manu prosegue, e mi spiega che ciò che noi conosciamo con etichette diverse è in realtà una stessa luce che, proiettata attraverso il prisma dei critici d'arte, viene scissa in sfumature e colori diversi per cercare di spiegare a chi la guarda da cosa è composta. Mi spiega come solitamente venga inquadrato come writer colui che riproduce negli spazi urbani, in modo più o meno elaborato, la sua tag, il nome con il quale viene riconosciuto nell'ambiante. Generalmente poi viene classificato come Street artist colui che riproduce negli spazi urbani figure astratte, ritratti o paesaggi. I primi nascono nell'ambiente della cultura hip hop a partire dagli anni 70 (la quale in Italia si svilupperà per lo più negli anni 90), ma conoscono diverse generazioni di artisti, ognuna con le sue peculiarità, obbiettivi e valori.
Chiedo:
"C'è tra di voi una sorta di tacito accordo che eviti che uno di voi disegni o scriva sull'opera di qualcun altro?"
"In realtà si, esiste qualcosa del genere. Nella maggior parte dei casi si tende al rispetto del lavoro altrui, e questo era sentito in modo estremo specialmente per la generazione precedente alla mia. In un quartiere come questo, se ti poggiavi spalle al muro e mettevi un piede sulla creazione di uno di questi artisti, sicuramente venivi picchiato. Io guardavo questi personaggi con estremo rispetto ed ammirazione: erano fonte di ispirazione ed apprendimento per me. Non mi sarei mai sognato di intervenire su un loro lavoro. Ma per le nuove generazioni non è più cosi. E' possibile che tu veda non tanto un disegno , quanto una tag sopra un lavoro di un altro artista. A volte lo si fa per invidia, altre volte per rivendicare uno spazio urbano come proprio. In generale la Street art interviene negli spazi urbani in preda al degrado, abbandonati o non curati, e li rende migliori, esteticamente e culturalmente, facendone letteralmente dei musei a cielo aperto. Esiste poi una forma di intervento artistico sul paesaggio, che viene inquadrato come land art: questo ha un impatto sul paesaggio, ne modifica tratti e caratteristiche. E' un territorio ancora inesplorato, a proposito del quale in molti nutrono delle riserve."
Squilla un telefono: è il mio. Questo mi ricorda che è tempo per me di lasciare il mio Virgilio, e ritornare alla mia vita di sempre, al lavoro, agli impegni: a riveder le stelle!

Marta Banditelli
"Nocturna" - Vernice al quarzo su centrale elettrica - SS 125 - Quartucciu - 2014