sabato 28 marzo 2015

Un caffè con l'uomo invisibile: Manu Invisible

Incontro Manu Invisible davanti al locale nel quale sta preparando un lavoro, in uno dei quartieri più popolari della nostra città, culla della Street art dai tempi in cui per i più lo Street artist era un teppista e una tag era chiamata "pasticcio sul muro". La prima volta che vidi il nome di Manu fu su un adesivo in macchina di mia sorella. Le chiesi: "ma chi è questo Manu Invisible?"- e lei "Un mio amico che fa graffiti: è un mostro!". Aveva ragione!
Arrivo sul posto, e intuisco sia lui dalla scientifica constatazione che, di fronte al civico indicato, c'è solo lui. L'odore acre della vernice mi da il benvenuto, nonostante io sia a parecchi passi dall'ingresso. Ci salutiamo, mi presento.
L'idea migliore è quella di andare a cercarci un posto dove prendere un caffè, ma ne io ne lui siamo pratici della zona. Mi viene in mente che poco distante avrei trovato il salone dove lavora una mia amica: certamente lei saprà dove trovare un buon caffè in zona. Così mi dirigo verso il negozio, e nel frattempo ne approfitto per fare qualche domanda a Manu. So che il lavoro al quale l'ho strappato pochi minuti prima gli è stato commissionato, e ne approfitto per chiedergli se si trovi o meno a suo agio con le opere su commissione.
"Mi trovo bene" - mi risponde lui" anche perché solitamente mi si lascia carta bianca per la realizzazione. E' inevitabile che in questo tipo di composizioni io debba seguire un tema prestabilito, ma in realtà lo sviluppo di questo tema può essere realizzato in maniera così ampia da non costituire quasi per nulla una costrizione"
"Ma non si rischia, con opere su commissione, di snaturare il senso della Street art?"
"Il punto è un altro, e forse ancora più netto. Tutto ciò che si realizza su commissione o dietro autorizzazione delle autorità competenti non può dirsi autenticamente Street art. La Street art, o per meglio dire tutto quell'universo che le gravita attorno, vive e trova collocazione solamente nella dimensione dell'illegalità, dell'abusivismo.
''Petali d'apparenza'' - Pittura al quarzo e spray
su parete - Orosei - 2009
 Il muralismo ha una lunga storia a se alle spalle, e la Sardegna in particolare conosce delle espressioni assolutamente degne di nota di quest'arte, opere per la maggior parte legate al folklore che esprimono un forte attaccamento al mondo rurale e alle attività tradizionali, permeate di sentimenti d'isolamento e di nostalgia. Questa lunga storia nasce  dalla San Sperate ripensata da Giuseppe (Pinuccio) Sciola già a partire dal 1968, insignita del titolo di "paese-museo" per essere stato il primo ad aprirsi al Muralismo. Qui comincia la ricerca grafica di Sciola, i collages tri-dimensionali con tronchi d' albero dipinti con colori vivi segnano il passo di una sperimentazione artistica in continua evoluzione. Segue Orgosolo, la quale vede sorgere  i primi murales, opere del gruppo anarchico milanese Dyonisos, nel 1969, e vede la sua fase di produzione più prolifica nel 1975. I temi oggetto dei murales di questo paesino della Barbagia ne sottolineano il suo spirito  tradizionalmente contestatario : rivoluzione sarda ed internazionale, banditismo d'onore, pacifismo, socialismo, lotta contro le ingiustizie, la corruzione e la povertà. Tutto ciò che potremmo più in generale attribuire alla contestazione politico-sociale.
''Campurella'' -Pittura al quarzo e spray su parete - San sperate - (Feat. Frode) - 2014
Negli anni che seguiranno altri paesi della Sardegna si renderanno protagonisti della storia del muralismo, nello specifico Villamar a partire dal 1976, con le opere di due esiliati cileni Alan Jofre e Uriel Parvex, per continuare nel 1977 in numerosi paesi della Sardegna, grazie al lavoro del "Gruppo Arte" guidato da Antonio Cotza, agli artisti di Serramanna ed alla Brigata Muralista Salvator Alliende della Marmilla. Nel tempo la ragione e l'obiettivo ultimo degli artisti che hanno prodotto questa tipologia di opere in Sardegna è spesso mutata: se i primi Murales sardi contestano con
violenza l'ingiustizia sociale e lo sfruttamento politico, quelli più recenti soddisfano ormai più spesso l'estetismo urbano e la curiosità turistica.".
Arriviamo al salone della mia amica che, scoprirò solo ora, essere anche amica sua. Lei, senza che io abbia il tempo di formulare la domanda, ci invita ad accomodarci e a proseguire l'intervista da lei, offrendoci il caffè ed ogni genere di comfort: meglio di così!
''Personage'' - Light Painting 20x20 cm
Proseguiamo la chiacchierata, e Manu mi spiega il suo disagio nel venire etichettato una volta come writer, piuttosto che non come Street artist, graffitaro, muralista e via discorrendo. Le etichette non gli si confanno, in quanto artista poliedrico e sempre in continua evoluzione e sperimentazione.
"Il mio percorso artistico si snoda in differenti e sempre mutevoli sperimentazioni. Non seguo delle
'fasi', non produco a cicli alterni solo volti, o solamente scritte, o figure astratte, ma sperimento tecniche e rappresentazioni sempre nuove ed in evoluzione. Esattamente come Gustav Klimt, il quale si dedicava ad architetture, paesaggi e figure umane senza soluzione di continuità."
"So che recentemente hai collaborato con l'università ed hai partecipato ad un'esposizione a palazzo Vice Regio. Come hai trovato queste esperienze e come pensi che aiutino o danneggino la Street art le istituzioni che aprono ad essa le porte."
''Dobermann'' - Terracotta e gommalacca scultura 40x30x15 cm
"L'esperienza all'università è stata interessante, ma non ho praticamente aperto bocca, nonostante io non sia affatto in soggezione quando mi trovo a parlare della mia produzione artistica. Mi mettono a disagio i contesti 'pubblici' nei quali mi devo esporre in modo troppo eccessivo per le mie corde. In queste occasioni mi presento quasi sempre a volto coperto, un po' perché ci tengo a proteggere la mia privacy, un po' per evitare qualunque problema legale nel quale potrei incorrere, essendo già passato per due denunce, ed in ultima istanza perché trovo certe manifestazioni del pubblico che mi trovo davanti davvero eccessive, vedi i selfie che avrebbero voluto facessi. Per quanto riguarda l'esperienza a palazzo Vice Regio, li mi sono limitato a proporre alcune delle mie opere realizzate con lo spray. L'esposizione è stata realizzata con le migliori intenzioni da una persona a me molto cara che nutre un genuino interesse e premura nella salvaguardia e divulgazione della cultura urbana, cosa che però non ha impedito inevitabilmente la snaturalizzazione del concetto stesso di Street art."
"Si può dire che l'esposizione poteva essere letta come una sorta di 'catalogo' delle opere di cui in realtà lo spettatore può e deve fruire nello spazio urbano?"
"Si, si può interpretare in questo modo. D'altra parte, se anche l'idea stessa di Street art in un contesto museale viene snaturata, è pur vero che queste iniziative hanno il duplice scopo di dare visibilità e quindi possibilità di emergere agli artisti, e dare l'opportunità al grande pubblico di informarsi circa questa cultura spesso poco conosciuta nei suoi aspetti più autentici, e mal interpretata ed illustrata  pure peggio dai media."
Manu mi porta a questo punto, come un moderno Virgilio, all'interno di questo confuso e macroscopico mondo. Mi prende per mano e mi porta in un viaggio che parte dalle prime opere degli anni sessanta, che il tempo e l'incuria hanno pressoché portato via totalmente. Mi racconta di come una gallerista francese abbia pensato di rimuovere una porzione di muro sul quale vi erano dei graffiti oramai storici, e di portarla all'interno di un museo. Mi torna in mente una notizia simile a proposito delle opere di Banksy, e lui me ne da conferma, aggiungendo un'informazione in più: si dice che più di un'opera di questo artista non sia stata realizzata abusivamente, ma sia stata invece espressamente autorizzata.
''Batmanu'' - Pittura al quarzo e spray su muro
Milano 2010
Ad un tratto Manu si interrompe, e mi chiede: "Ti sto asciugando, vero?"- utilizzando, mi spiega, una tipica espressione imparata durante gli anni milanesi. Non posso fare a meno di pensare a quanto inappropriata sia questa espressione, se accostata alla nostra conversazione feconda, ricca, generosa.
Manu prosegue, e mi spiega che ciò che noi conosciamo con etichette diverse è in realtà una stessa luce che, proiettata attraverso il prisma dei critici d'arte, viene scissa in sfumature e colori diversi per cercare di spiegare a chi la guarda da cosa è composta. Mi spiega come solitamente venga inquadrato come writer colui che riproduce negli spazi urbani, in modo più o meno elaborato, la sua tag, il nome con il quale viene riconosciuto nell'ambiante. Generalmente poi viene classificato come Street artist colui che riproduce negli spazi urbani figure astratte, ritratti o paesaggi. I primi nascono nell'ambiente della cultura hip hop a partire dagli anni 70 (la quale in Italia si svilupperà per lo più negli anni 90), ma conoscono diverse generazioni di artisti, ognuna con le sue peculiarità, obbiettivi e valori.
Chiedo:
"C'è tra di voi una sorta di tacito accordo che eviti che uno di voi disegni o scriva sull'opera di qualcun altro?"
"In realtà si, esiste qualcosa del genere. Nella maggior parte dei casi si tende al rispetto del lavoro altrui, e questo era sentito in modo estremo specialmente per la generazione precedente alla mia. In un quartiere come questo, se ti poggiavi spalle al muro e mettevi un piede sulla creazione di uno di questi artisti, sicuramente venivi picchiato. Io guardavo questi personaggi con estremo rispetto ed ammirazione: erano fonte di ispirazione ed apprendimento per me. Non mi sarei mai sognato di intervenire su un loro lavoro. Ma per le nuove generazioni non è più cosi. E' possibile che tu veda non tanto un disegno , quanto una tag sopra un lavoro di un altro artista. A volte lo si fa per invidia, altre volte per rivendicare uno spazio urbano come proprio. In generale la Street art interviene negli spazi urbani in preda al degrado, abbandonati o non curati, e li rende migliori, esteticamente e culturalmente, facendone letteralmente dei musei a cielo aperto. Esiste poi una forma di intervento artistico sul paesaggio, che viene inquadrato come land art: questo ha un impatto sul paesaggio, ne modifica tratti e caratteristiche. E' un territorio ancora inesplorato, a proposito del quale in molti nutrono delle riserve."
Squilla un telefono: è il mio. Questo mi ricorda che è tempo per me di lasciare il mio Virgilio, e ritornare alla mia vita di sempre, al lavoro, agli impegni: a riveder le stelle!

Marta Banditelli
"Nocturna" - Vernice al quarzo su centrale elettrica - SS 125 - Quartucciu - 2014

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