Un bambino sano, di indole docile. Ha i capelli neri, come la sua mamma, divisi in piccoli riccioli morbidi, la carnagione chiara e lo sguardo sognante.

Questo bambino si chiama Ercole. Ercole è molto più che un nome, Ercole è una promessa, un patto: sarai forte, per te stesso e per tutti coloro che avranno bisogno di te.
Ercole è un bambino come tanti; gioca, si diverte, studia. A scuola va volentieri, e studia con piacere (eccezion fatta per la matematica), ma una innata timidezza ed un'educazione rigida non fanno
emergere quelle che sono le sue qualità più preziose.
Immaginate un ragazzo.

Frequenta il ginnasio al liceo classico, in piazzetta Dettori dove, parecchi anni dopo (ironia della sorte), verrà trasferito il liceo artistico.
E' nel pieno della sua fanciullezza, nel fiore dei suoi anni, nel pieno della vita.
E' tempo per Ercole di onorare la promessa custodita nel suo nome.

Immaginate un uomo.

Ercole, a dispetto del suo nome, non nasce guerriero, ed all'interno di un ambiente di soldati cerca disperatamente di crearsi una nicchia da "studioso", iscrivendosi ai corsi di specializzazione militari e imparando l'elettrotecnica, materia arida e certamente distante dalle sue inclinazioni, ottenendo così di lavorare spesso come radiotelegrafista. Tenta in tutti i modi di salvarsi dalla mediocrità studiando ciò che poteva, ciò che era utile, perché studiare ciò che gli piaceva era una totale perdita di tempo.
Nel frattempo i suoi fratelli hanno potuto trovare la loro strada nella vita: ha finalmente assolto al suo compito.
Ercole diventa maresciallo, e a 30 anni, età in cui era consentito per i carabinieri, si sposa. E' il 1956.
Immaginate un marito, un papà.
Adesso è tutto sistemato, la sua giovane moglie è accanto a lui, ed a breve arriverà la primogenita.

Ercole compra colori, carta, pennelli e comincia a dipingere.
Immaginate un pittore
Un pittore naif, senza alcun rudimento, nemmeno minimo, di disegno o pittura. Ercole sente l'esigenza di imparare la tecnica che non possiede, e chiede lezioni private ad uno zio pittore, insegnante di disegno. Ascolta attento i consigli dello zio, ma rimane pur sempre un pittore istintivo, che non riesce ad osare con il colore.
"Dai più colore!"- suggeriva lo zio " Che paura hai ad usare le tinte forti?"
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veduta di piazza Yenne 1998 |
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Simbirizzi 1982 |
Paura, pudore, insicurezza. Tutto ciò che nella vita era costretto a non mostrare e reprimere. Nell'arte invece si può!
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barche su acque chete 1978 |
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la quiete 1981 |
Quando tutto sembra acquietarsi, quando la sua passione può finalmente esprimersi liberamente, qualcosa in lui sembra non andare, e stavolta non si tratta della sua anima.
Torna la paura, il terrore, di nuovo quei sentimenti così soffocanti da dover tacere, minimizzare, esorcizzare nel silenzio, come se nulla stesse accadendo. Ercole tenta ancora una volta nella sua vita di essere forte, di proteggere chi ha bisogno: i figli, i nipoti, la moglie. Un infarto puoi tentare di ignorarlo, ma non per molto. L'ictus che ne conseguirà blocca quasi totalmente l'uso delle sue mani, rubandogli per sempre la sua dimensione più autentica.
Le conseguenze sul suo corpo saranno devastanti, invalidanti, ed Ercole perde ciò che di più sicuro lo teneva aggrappato alla vita: la capacità di dipingere.
Immaginate un anziano
Ercole è malato, provato nel corpo e soprattutto nell'anima per quella orribile beffa del destino. Comincia a catalogare in modo maniacale i colori, le tempere, i gessetti che non può più utilizzare. Scrive in bella grafia i nomi dei colori, con una prova di tinta di fianco, dalla "terra di Siena", bruciata o meno, all'ocra fino al cardinale. Tenta disperatamente di non perdere del tutto il contatto con i suoi amatissimi strumenti. Deve accontentarsi di sentirne il profumo, la consistenza.
La malattia impedisce alle sue mani di continuare a liberare la sua anima sino al giorno della sua morte, all'età di 79 anni, fra gli affetti delle persone care, e meno care.
Immaginate un uomo che oggi vive nei suoi quadri, negli oggetti che ha lasciato a figli e nipoti, nelle immagini che ha prodotto, curato ed amato.
Immaginate mio nonno.
Marta Banditelli
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