domenica 22 marzo 2015

I biondi ricci di Veronica: Veronica Latini

Veronica Latini
Parcheggio e do un'ultima occhiata al cellulare. Rispondo ai messaggi, avviso il mio fidanzato che sono arrivata sana e salva alla meta, e faccio per riporre il cellulare in borsa e scendere dalla macchina. Con la coda dell'occhio vedo una ragazza dai ricci biondi. Indossa un delizioso cappottino grigio, e porta degli occhiali da sole che le proteggono lo sguardo. Deve essere Veronica, la mia prossima intervista. Conosco Veronica indirettamente, attraverso una porzione di poesia che avevo letto a commento di una foto di Valentina Ferrara, ed ho voluto saperne di più. Mi avvicino al bar, ed ho la conferma che la ragazza riccia e bionda di prima è proprio Veronica dal sorriso caloroso con il quale mi accoglie. Ci accomodiamo, ed una volta stabilito cosa consumare è lei a rivolgermi la prima domanda.
"Posso chiederti una cosa? L'intervista come si svolgerà? "
"E' semplice"- le rispondo " ti farò qualche domanda che mi sono preparata giusto per tenere le fila della conversazione, ma tendenzialmente sarà una chiacchierata informale per capire qualcosa di più di te. Le domande le preparo giusto perché, come spesso capitava a scuola, quando il professore ti faceva la fatidica domanda 'parlami di un argomento a piacere', pur volendoti agevolare in realtà, spesso e volentieri, ti metteva ancor di più in crisi."
"Lo so bene, sono stata una docente anche io!"
Scopro così che Veronica insegnava scienze naturali e chimica alle scuole superiori.
"Ero la classica professoressa di scienze" - mi racconta "alle prese con un programma rigido da seguire, presidi alle calcagna e alunni nel pieno della crisi adolescenziale, un periodo d'inferno già di per se stesso. Non mi ero immaginata così l'ambiente della scuola, e non sono certo diventata la docente che avrei voluto essere: una guida sotto il profilo umano prima che didattico, ed anche per ciò che riguarda la didattica immaginavo di poter trasmettere la passione e la curiosità per le scienze, e non applicare una didattica meramente nozionistica. Non mi sentivo appagata dal mio lavoro, ed ho mollato."
Ho davanti a me una donna energica, dagli occhi brillanti: uno sguardo che trasuda consapevolezza, gli occhi di una donna che ha alle spalle un lungo cammino ed una strada ben delineata da seguire.
"Sono nata in una famiglia di artisti si può dire. Mio padre faceva il giornalista, mia madre cantava, e mio fratello è un attore coi fiocchi"
"Possiamo dire allora che la pecora nera della famiglia sei tu!"
"Da un certo punto di vista si, ma i miei mi hanno sempre appoggiata e supportata nelle mie scelte, complimentandosi per il percorso che avevo deciso di intraprendere. Nonostante fossi circondata da artisti sentivo di dovermi dedicare alle scienze. Mi sono laureata in biologia, lavorando prima come ricercatrice, poi come docente, di seguito ho preso la seconda laurea in psicologia, collaborando poi con l'università"
Scopro con piacere che Veronica lavora fianco a fianco con la professoressa Marini, docente con la quale ho sostenuto più di un esame, nello specifico ecologia umana e neuroscienze, esame quest'ultimo che mi è rimasto nel cuore e che ancora ricordo con piacere ed affetto.
"Mi è capitato di assistere a degli esami sostenuti da studenti di filosofia e, devo dire, hanno una marcia in più. Posseggono una proprietà di linguaggio ed una visione d'insieme che lasciano davvero colpito chi li ascolta"
Nemmeno a dirlo, l'osservazione mi riempie d'orgoglio.
"Quindi, ricapitolando, il tuo è un percorso professionale legato essenzialmente al mondo scientifico: quand'è invece che incontri la poesia?"
"La poesia è una mia vecchia conoscente. Quando ero ragazza amavo molto leggerla, ma raramente scrivevo. Era una passione che avevo in comune con mio fratello. Amavo molto le poetesse russe ed i  poeti sudamericani e spagnoli, e su questi ultimi in particolare ci scambiavamo opinioni e sensazioni a riguardo. Lui di questa passione ne ha fatto una professione, ed oggi legge ed interpreta poesie e si dedica al teatro, recitando con una voce straordinaria.
I miei scritti più poetici li ho ritrovati nelle lettere che scrissi al mio ex marito quando eravamo appena fidanzati. Certi passaggi hanno stupito anche me perché, rileggendoli, mi sono resa conto di aver colto perfettamente il momento, le emozioni provate in quell'istante, e mi sono stupita io stessa di questa capacità che avevo dimenticato d'avere!



Veronica Latini
Ho poi, per moltissimi anni, accantonato, in parte volutamente, questo mio lato poetico, il più genuino in fondo. Mio marito, non possedendo affatto una vena artistica e creativa, non capiva questa mia esigenza, che fondamentalmente coincide con la mia essenza, e perché tutto funzionasse come doveva ho messo in cantina la poesia, dimenticando chi sono. Sono stati anni nei quali sono stata felice, ho avuto due figli magnifici, ma avevo perso il contatto con me stessa, e ad un tratto non sapevo più chi ero: ero stata plasmata ad immagine e somiglianza della Veronica che volevano io fossi. Un percorso tortuoso, zeppo di ostacoli e fatica mi ha portata a lasciare mio marito, dedicarmi alla psicologia per capirmi meglio, osservandomi da più vicino ed occupandomi della scoperta di me stessa, un percorso in itinere per il quale sono ancora ben lontana dalla conclusione, ma pur sempre a buon punto! Ho ricominciato così anche a scrivere poesie, tentando di afferrare emozioni e sensazioni che mi attraversano in un preciso momento della mia vita.
Spesso sono poesie scritte di getto, per rabbia, frustrazione, o comunque per fermare un sentimento forte che intendo riportare sulla carta, per poi rileggerlo, analizzarlo e studiarlo come fosse una biopsia, un pezzetto di me stessa che devo congelare così com'è per affrontarlo analiticamente in seguito, quando il sentimento svanisce."
"Possiamo perciò parlare di poesia terapeutica?"
"Senza ombra di dubbio. Riprendere la poesia ha significato per me aver letteralmente ripreso una parte di me stessa che avevo lasciato (e non è un caso) prima del mio matrimonio. Sono ripartita esattamente da li, da questa mia inclinazione artistica che porto avanti in primis per me stessa, ed in seconda battuta per coloro che riescono a comunicare con me attraverso l'ermetismo del messaggio poetico. Riparto da dove avevo interrotto, riprendo dall'amore che, se prima era rivolto ed incanalato nei confronti di mio marito, ora rivolgo a me stessa, prendendomi cura di me senza dimenticare l'amore materno per i miei figli e quello sentimentale nei confronti di un eventuale futuro compagno di vita. Non ho affatto escluso la possibilità di un nuovo amore, ma al momento l'amore di cui necessito  non è per forza di cosa canalizzato verso una persona: l'amore è dentro di me!"
"Vorrei chiederti di analizzare insieme a me degli estratti da alcune delle tue poesie. Nella poesia intitolata 'Attese' leggiamo:

E cosi decise che avrebbe rinunciato
guardarsi dentro, sentire
Avrebbe vissuto in superficie senza sorridere
o versare lacrime
Avrebbe vissuto senza vedere
Che grande rappresentazione
che grande repertorio
ogni presenza uno spettacolo
ogni sguardo una finzione
Senza attese, senza ricerche
passioni inutili
Perché la vita può essere così
ed è arte
creazione di bugie
codarda
senza uscite
senza porte
rifiutando di scavare dentro il barattolo del miele
passando il dito sul bordo dell'anima
come passeggiare su una spiaggia senza mare
senza tramonti da osservare
ne aurore da annusare
Ed ogni tristezza ed lacrima ed ogni gioia
sarebbe stata come una mano che tirandoti il volto
ti costringe, ti giustifica, ti assolve
una smorfia senza senso
un respiro senz'aria
Camminare senza passi ha il sapore
del non cercare niente e ritrovare tutto.
Mentre te stessa ti siede affianco


Nel passaggio in cui tu parli di arte come 'creazione di bugie, codarda' a cosa ti riferisci?"
"A proposito di questa poesia c'è da fare una premessa. L'avevo scritta in un momento di rabbia, nel quale mi sentivo incompresa, frustrata. Sentivo di stare dando tanto a coloro che mi circondavano, ma in cambio ricevevo solamente superficialità e rapporti umani di circostanza. Al che mi sono detta 'sai che c'è? Volete superficialità? Avrete superficialità! Io sono molto più di così, ma se voi volete la superficie, quello avrete'. Perché spesso e volentieri mi ritrovo con persone che, a scavare un po' più a fondo in loro stessi entrano in panico, si sentono a disagio, hanno paura di perdere la bussola: allora ritengono i miei discorsi pesanti, e li evitano come la peste. Altrettanto spesso per fortuna invece trovo delle persone che, pur vivendo in superficie, custodiscono in se un lato più profondo che, trovata la chiave di volta, portano volentieri a galla. E' per questo che concedo sempre una chance a tutti, anche a coloro che al primo impatto non mi convincono particolarmente. Detto ciò per 'arte' intendevo 'artefatto', qualcosa di posticcio, qualcosa di diverso da ciò che realmente sono. "
"Un'altra delle tue poesie che mi ha particolarmente colpita è 'La notte grida':

Le porte spalancate
Le scale, il mio respiro,
quanti scalini hanno
quanto fiato ho
Voi senza volto
il suo corpo, il pavimento
loro ti scuotono
Lui cammina, gira a vuoto
pensa, ancora
pensa, per quanto
pensa non andartene
Io stringo parole nelle mani
penso immediato
il suo corpo disteso
nudo, vuoto, immobile
Copritela! Ridatemela!
Ridatela a lui che china la testa
ridatela a lei che prega
La stanza è piena di amori diversi
la casa impregnata di lei
ognuno ha il suo dolore
ognuno pesa il suo terrore
tranne me
io sono vuota come lei
nuda, sul pavimento



Mi ha commossa moltissimo, ed è evidente che nasce da un tragico evento."

"Si questa poesia l'ho scritta per mettere nero su bianco tutto ciò che è accaduto la notte in cui mia madre ha perso conoscenza, rimanendo in coma per mesi. Quella notte ero a casa con i miei figli, e nel cuore della notte ricevetti una chiamata. Era mio padre che, con urla concitate, mi pregava di correre a casa: mamma era svenuta. Mio padre generalmente è una persona piuttosto pacata, e se era entrato in quel vortice di panico era evidente che ne avesse ben donde. Corsi più in fretta che potei, insieme a mio marito, a casa dei miei genitori e la scena che mi si presentò davanti fu tragica. Mio padre al capezzale di mia madre, stesa a terra esanime: lui piangeva ed urlava. I primi soccorsi erano già arrivati, e le condizioni sono apparse ai soccorritori da subito disperate. Tutti attorno a me piangevano ed urlavano 'è morta! è morta!'. Ed io? Io ero rigida, non davo segni di nessun genere, ero fredda e distaccata, come impietrita. Questa reazione incomprensibile mi ha sconvolta, ed aver messo nero su bianco in questa poesia quella tragica notte mi sta aiutando a capire cosa sia successo. Miracolosamente mia madre è tornata alla vita. Ci sono voluti mesi di attesa, ma lei è tornata. Andavo a trovarla nella clinica dov'era ricoverata, e i suoi occhi erano da mesi vitrei, vuoti: dietro di essi era evidente che non ci fosse più una coscienza. Un bel giorno andai a trovarla, e lei mi guardò. I suoi occhi mi apparvero subito vivi, presenti, e capii immediatamente che lei era tornata da noi. Ha fatto un percorso riabilitativo estenuante, e tutti noi con lei, ed ora, al di la di qualche vuoto di memoria, è presente a se stessa e lucida."

"L'ultima poesia che vorrei analizzare con te è 'La mia poesia':



La mia poesia è un banale tentativo

Un acciacco contorto di passioni

Inesprimibile spremuta di vissuti e memorie.

Desiderio d'essere e apparire

Scritti buttati e compiaciuti

Maldestri, copiati, forzati.

La mia poesia è spenta e impacchettata

Nascosta e mai vissuta

parole al vento come inutili pulsioni

Poesia vigliacca e codarda

scritta e cancellata, pensata e rimossa

Fiammella di un fuoco mai divampato

Aborto di passioni grigie

La poesia è grido inascoltato

Messaggio calpestato

Incompresa figura

Viaggio mai iniziato

Eppure indispensabilmente mia
 

Questa è di gran lunga, fra le poesie che mi hai concesso di visionare, la più bella, o per meglio dire la mia preferita. La considero come il manifesto di questo mio progetto: ne hai riassunto in maniera efficacissima il significato!"
"E' esattamente lo specchio del mio rapporto con la produzione artistica. Ho una relazione fatta di amore-odio con le mie poesie. Essendo ispirate da sentimenti forti e dall'umore del momento, è facile che appena pochi minuti dopo tale umore sia mutato di parecchio, vuoi perché scrivendo riesco a sfogarmi, e vuoi perché l'intensità di un'emozione tende naturalmente a scemare e modificarsi. Solo pochi minuti dopo l'istinto è quello del rifiuto: puntualmente vorrei strappare il foglio sul quale ho scritto, cancellarlo. Celo le mie poesie ai più, concedendomi di sottoporle a pochi. Ho anche pensato di scrivere sotto pseudonimo, ma poi ho abbandonato l'idea. Ho bisogno di feedback su ciò che scrivo, è importante quanto la scrittura stessa. Ma tanta della mia produzione è ancora nei cassetti. La tengo per me stessa, ed in questo senso la mia poesia è 'vigliacca e codarda'. Ma oggi più che mai, alla luce del mio percorso di vita, scrivere mi è diventato indispensabile, di vitale importanza.
Una finestra sull'abisso che sono."

Marta Banditelli






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