mercoledì 22 aprile 2015

Il valore dell'amicizia

 
Sovente gli oggetti non sono solo oggetti. Essi spesso assurgono a rappresentazione di sentimenti,
legami, valori tanto importanti ed incommensurabili da richiedere un feticcio, un simbolo che li renda tangibili.
Ed è questa la ragione per la quale tali oggetti, specialmente se opere d'arte, dovrebbero appartenere solamente a coloro che meritano tale privilegio e responsabilità.
A François tutto questo non importa. François è un mercante d'arte di successo, e per quanto ne sa a determinare il valore di ogni elemento della vita umana è unicamente il suo prezzo in denaro: basta capire a quanto ammonta e valutare se ne valga o meno la pena pagarlo.
Durante un'asta alla quale partecipa con la sua collega e socia di galleria Catherine la sua attenzione viene catturata da un raro manufatto. Si tratta di un vaso di epoca ellenica, un'urna che contenne le lacrime versate da un ricco mecenate greco per il suo più caro amico morto prematuramente. Il legame unico e indissolubile fra i due amici è rappresentato sull'urna dalle figure di Achille e Patroclo.
Senza esitare, François si aggiudica il pezzo con un'offerta di duecentomila euro, esponendo se stesso e la socia ad un rischio economico elevatissimo. Catherine, furiosa per l'azzardo e desiderosa di vendetta, invita il socio ad una scommessa che sa per certo che lui perderà: dovrà presentarle entro un mese un suo amico, un caro amico. Tra i due non devono intercorrere rapporti di interesse di alcun tipo, solamente una genuina e disinteressata amicizia, pena un accordo di totale proprietà del manufatto ellenico ad esclusiva titolarità di Catherine. Il vaso rappresenta la sacralità del sentimento di amicizia tra due individui, sentimento che François ha ampiamente dimostrato di non provare affatto in più di una circostanza.
Le peripezie che affronterà il protagonista per non perdere la scommessa, e dunque l'amato vaso, lo porteranno ad incontrare la bizzarra figura di Bruno, un simpatico ed amabile tassista con la passione dei quiz televisivi. Bruno insegnerà a François cosa sia l'amicizia, come la si debba coltivare, curare e preservare nel tempo.
Il regista Patrice Leconte con "il mio migliore amico",  divertente ed ironica commedia, ci mette di
fronte alla distanza fra prezzo e valore, fra possesso e appartenenza, evidenziando in maniera affatto banale l'inestimabile ricchezza che si cela dietro un'amicizia sincera.

Marta Banditelli

domenica 12 aprile 2015

Storia di Ercole

Immaginate un bambino.
Un bambino sano, di indole docile. Ha i capelli neri, come la sua mamma, divisi in piccoli riccioli morbidi, la carnagione chiara e lo sguardo sognante.
Nasce nel 1927, a settembre. La sua è una famiglia borghese benestante composta da papà carabiniere e mamma casalinga, con la passione per la lettura, ed altri sei fratellini più piccoli: tutti biondi.
Questo bambino si chiama Ercole. Ercole è molto più che un nome, Ercole è una promessa, un patto: sarai forte, per te stesso e per tutti coloro che avranno bisogno di te.
Ercole è un bambino come tanti; gioca, si diverte, studia. A scuola va volentieri, e studia con piacere (eccezion fatta per la matematica), ma una innata timidezza ed un'educazione rigida non fanno
emergere quelle che sono le sue qualità più preziose.

Immaginate un ragazzo.
Ha sedici anni, ed è un bel giovane alto, perfettamente all'altezza del nome che porta.
Frequenta il ginnasio al liceo classico, in piazzetta Dettori dove, parecchi anni dopo (ironia della sorte), verrà trasferito il liceo artistico.
E' nel pieno della sua fanciullezza, nel fiore dei suoi anni, nel pieno della vita.
 

 


Fa freddo, e tra poco arriverà natale, ma l'aria della festa viene soffocata da un tragico lutto, che cambierà per sempre la vita di Ercole. Il suo papà muore a 43 anni di polmonite durante un trasferimento da una caserma all'altra, circostanza avvenuta durante il secondo conflitto mondiale: il 23 dicembre 1942 Ercole ed i suoi sei fratellini diventano così 'orfani di guerra'.
E' tempo per Ercole di onorare la promessa custodita nel suo nome.
Finiscono per lui gli studi, la musica, i giochi ed il divertimento. Ercole deve esser forte per se stesso, per la madre oramai vedova, e per i suoi fratellini, e provvedere a loro. L'adolescenza è prematuramente, tragicamente terminata.

Immaginate un uomo.
O per meglio dire, immaginate un ragazzo di 19 anni, smarrito, atterrito, indifeso ma impossibilitato ad esprimere tutte le sue frustrazioni ed angosce. Perché adesso è ' l'uomo di casa '. Non ha nemmeno l'età necessaria a mettere una firma su un contratto, e la mamma gli ' presta', come si usava dire allora, gli anni che gli mancano alla maggiore età che, a quell'epoca, si raggiungeva a 21 anni, e si arruola nell'arma dei carabinieri. E' il 1946.
Ercole, a dispetto del suo nome, non nasce guerriero, ed all'interno di un ambiente di soldati cerca disperatamente di crearsi una nicchia da "studioso", iscrivendosi ai corsi di specializzazione militari e  imparando l'elettrotecnica, materia arida e certamente distante dalle sue inclinazioni,  ottenendo così di lavorare spesso come radiotelegrafista. Tenta in tutti i modi di salvarsi dalla mediocrità studiando ciò che poteva, ciò che era utile, perché studiare ciò che gli piaceva era una totale perdita di tempo.
Nel frattempo i suoi fratelli hanno potuto trovare la loro strada nella vita: ha finalmente assolto al suo compito.
Ercole diventa maresciallo, e a 30 anni, età in cui era consentito per i carabinieri, si sposa. E' il 1956.

Immaginate un marito, un papà.
Adesso è tutto sistemato, la sua giovane moglie è accanto a lui, ed a breve arriverà la primogenita.
Ma c'è un'ombra nella sua anima, un vuoto incolmabile, un tassello mancante. Che fine ha fatto l'Ercole adolescente? Che ne è stato dei sogni, delle aspettative, di ciò che sarebbe potuto essere e non è stato?
Ercole compra colori, carta, pennelli e comincia a dipingere.

Immaginate un pittore
Un pittore naif, senza alcun rudimento, nemmeno minimo, di disegno o pittura. Ercole sente l'esigenza di imparare la tecnica che non possiede, e chiede lezioni private ad uno zio pittore, insegnante di disegno. Ascolta attento i consigli dello zio, ma rimane pur sempre un pittore istintivo, che non riesce ad osare con il colore.
"Dai più colore!"- suggeriva lo zio " Che paura hai ad usare le tinte forti?"


 

veduta di piazza Yenne
1998



Simbirizzi
1982

Paura, pudore, insicurezza. Tutto ciò che nella vita era costretto a non mostrare e reprimere. Nell'arte invece si può!
barche su acque chete
1978
Ercole preferisce gli acquerelli agli olii, perché ha la sensazione di poter tenere sotto controllo gli eventuali errori che potrebbe commettere nel dare colore, compromettendo così tutto il disegno. Non ha piacere che gli altri vedano i suoi quadri incompiuti, e custodisce gelosamente le sue bozze, sino al momento in sui si rende conto che l'opera è completa così com'è, cosa che avviene assai di rado. Impiega ore ed ore nei passaggi che gli occorrono a definire le nuvole sui suoi cieli e le onde dei suoi mari placidi e fermi.
la quiete
1981
I suoi dipinti parlano a chi li guarda. Impresse nella tela ci sono tutte le sensazioni del momento: paure, angosce, gioia e speranza. La pittura lo salva dalla depressione in più di una circostanza. Dona respiro alle sue ansie, sollievo ai suoi tormenti: lo eleva verso confini lontani dalla misera realtà quotidiana, così come solo la preghiera e la spiritualità possono fare. Ercole attraverso tele e colori comunica. Comunica con se stesso, comunica con Dio, o più semplicemente, come succedeva spesso nella sua vita, con chiunque avesse la pazienza e l'intelligenza sufficiente ad ascoltarlo.
Quando tutto sembra acquietarsi, quando la sua passione può finalmente esprimersi liberamente, qualcosa in lui sembra non andare, e stavolta non si tratta della sua anima.
Torna la paura, il terrore, di nuovo quei sentimenti così soffocanti da dover tacere, minimizzare, esorcizzare nel silenzio, come se nulla stesse accadendo. Ercole tenta ancora una volta nella sua vita di essere forte, di proteggere chi ha bisogno: i figli, i nipoti, la moglie. Un infarto puoi tentare di ignorarlo, ma non per molto. L'ictus che ne conseguirà blocca quasi totalmente l'uso delle sue mani, rubandogli per sempre la sua dimensione più autentica.
Le conseguenze sul suo corpo saranno devastanti, invalidanti, ed Ercole perde ciò che di più sicuro lo teneva aggrappato alla vita: la capacità di dipingere.

Immaginate un anziano
Ercole è malato, provato nel corpo e soprattutto nell'anima per quella orribile beffa del destino. Comincia a catalogare in modo maniacale i colori, le tempere, i gessetti che non può più utilizzare. Scrive in bella grafia i nomi dei colori, con una prova di tinta di fianco, dalla "terra di Siena", bruciata o meno, all'ocra fino al cardinale. Tenta disperatamente di non perdere del tutto il contatto con i suoi amatissimi strumenti. Deve accontentarsi di sentirne il profumo, la consistenza.
La malattia  impedisce alle sue mani di continuare a liberare la sua anima sino al giorno della sua morte, all'età di 79 anni, fra gli affetti delle persone care, e meno care.

Immaginate un uomo che oggi vive nei suoi quadri, negli oggetti che ha lasciato a figli e nipoti, nelle immagini che ha prodotto, curato ed amato.

Immaginate mio nonno.

Marta Banditelli

 



lunedì 6 aprile 2015

E voi chi cazzo siete?

Vita dura qui all'inferno. Siamo nel 2014, e dare catalogazione, e quindi giusta punizione, ai nuovi peccatori è compito assai difficile. Come punire stalkers, hackers e i-pone dipendenti? I gironi sono ormai obsoleti,ed urge un'intervento dell'Altissimo. Il signore,ormai vecchio,stanco,e con pessime abitudini in fatto di salute, dietro sollecito di Lucifero convoca l'assemblea dei santi,la quale,dopo non poche battaglie e scorrettezze,decide di rimandare il buon Dante sulla terra,per analizzare e catalogare i nuovi peccati,accompagnato stavolta da un incredulo e bizzarro Virgilio. Ciò che da questo momento in poi accade è un viaggio ironico ed amaro all'interno della nostra società,un'analisi spietata e spassosissima di ciò che abbiamo sotto gli occhi ogni giorno,vista con gli occhi di un Dante più che mai sperduto ed angosciato. Fabrizio Biggio e Francesco Mandelli offrono al pubblico una commedia divertente e mai volgare, dal primo minuto sino all'ultimo,con spunti e citazioni mai banali o scontate. Assolutamente da vedere.
Io ve lo dissi!

Marta Banditelli